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04/04/2025 22:00:00

 La strage di Pizzolungo e il senso del dovere

Mi trovo in un luogo che mi dà i brividi. Oggi, 2 aprile 2025, ricorrono i quarant’anni dalla strage di Pizzolungo, in cui persero la vita Barbara Rizzo e i suoi due figli di sei anni Giuseppe e Salvatore Asta. La donna stava accompagnando i due bambini a scuola. Qui in provincia di trapani lo sanno tutti, e per questo non mi dilungherò nella narrazione del drammatico evento. Alle vittime sono state dedicate sculture commemorative, e a Marsala una scuola elementare, il plesso G.ppe e Salv. Asta. Oggi, alla commemorazione, è presente anche Carlo Palermo, che di quell’attentato era il bersaglio, e che scampò alla morte perché, sul tracciato del suo destino si interpose l’automobile che Barbara Rizzo guidava ( qui l'approfondimento a puntate su Pizzolungo Tp24: la prima, la seconda e la terza)

Esattamente quarant’anni dopo, nello stesso luogo in cui l’esplosione dell’autobomba segnò una svolta drammatica per molte persone, io provo una strana sensazione e ho i brividi. Perché comunque fosse andata, quella mattina del 2 aprile 1985, sarebbe stata una tragedia che avrebbe strappato alla società italiana, la vita di persone per bene che transitavano su un percorso di morte scelto da persone che, per bene non erano affatto e non lo saranno mai. Quel luogo lo avevano scelto per attuare il piano abominevole di sbarazzarsi della “giustizia all’opera”. Ed era il senso del dovere che si scontrava con la cultura della prepotenza di chi non crede nel senso del dovere e quindi non ne ha rispetto.

Carlo Palermo transitava in quel luogo per fare il suo dovere di magistrato. Barbara Rizzo per fare il suo dovere di madre. E non voglio cadere nel banale mettendomi qui a spiegare come si può quantificare e qualificare il senso del dovere di uomini che scelgono di prestarsi al servizio di scorta di un magistrato che (ormai lo avevano capito tutti!) era nel mirino. Quel giorno il destino scelse un sacrificio difficile da comprendere. E se tutti i ruoli istituzionali avessero seguito il sentiero del “senso del dovere”, il male non avrebbe avuto la meglio, e forse oggi il numero delle commemorazioni di eventi come questo sarebbe più piccolo. Di fatto, qualche giorno dopo la strage, l’allora sindaco di Trapani affermò che non era imputabile a organizzazioni mafiose perché a Trapani la mafia non esisteva. Ho i brividi. Iniziano i discorsi, i sindaci di Erice e Trapani si passano il microfono, i loro discorsi sono bei discorsi. Niente di più. Si parla dello Stato che è presente. Monte Erice ci osserva dall’alto, chissà se è d’accordo. Poi parla don Luigi Ciotti, parole schiette su ciò che è stato fatto ma anche su tanto che ancora c’è da fare. E soprattutto parole fin troppo chiare sul senso di partecipazione che il cittadino comune deve sentire, abbandonando l’atteggiamento pigro di chi delega ad altri. Erano state fin troppo chiare le sue parole già lo scorso 21 marzo durante la manifestazione contro la mafia.

Il microfono passa a Margherita Asta, sorella maggiore di Giuseppe e Salvatore. Quel giorno il destino volle che non fosse in quell’automobile del sacrificio. Anche lei, lo scorso 21 marzo, ci aveva commosso trasmettendoci il suo dolore, ma anche la forza di una visione ottimista che dobbiamo coltivare per non perdere la speranza in un futuro non più ostaggio delle mafie. E oggi è qui a riconfermare la sua testimonianza. E poi è il turno di Carlo Palermo, il microfono adesso è suo, e allora la musica cambia. Ora so perché ho i brividi. Ho letto i suoi libri e ho sperato con tutto il mio cuore che dicesse ciò che troppi non osano dire. E le mie speranze non sono disattese. Le sue parole non sanno di “preconfezionato”. Parla di massoneria e di siciliani e italiani tutti che di fronte a certi problemi hanno gli occhi chiusi. Parla di scardinamento degli ordinamenti giuridici.

Non siamo più uguali davanti alla legge. Ormai la trasformazione sta diventando irreversibile. Siamo tutti parti offese. Ero a meno di un metro da lui mentre, con le sue parole dure di pietra lavica infrangeva l’ipocrisia cristallizzata di chi, imperterrito, continua a vendere rassicuranti falsità. Il suo senso del dovere non è stato eroso da quarant’anni di guerra contro l’omertà di Stato. Più tardi ho avuto l’opportunità di stingergli la mano e di manifestare la mia riconoscenza. Mentre torno a Marsala penso a questi quarant’anni: da quel triste 2 aprile il mondo è andato avanti… Ma avanti dove?

Massimo Cardona



STUDIO VIRA | 2025-04-09 10:50:00
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