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01/08/2024 06:00:00

La beffa delle ZES del Sud, una mazzata per le imprese in Sicilia

Le Zone Economiche Speciali (ZES) nel Sud Italia sono state concepite come un potente strumento per promuovere lo sviluppo economico e combattere la disoccupazione cronica che affligge il Mezzogiorno.

Inizialmente il Governo aveva annunciato un credito d'imposta fino al 50% per le aziende che investivano nelle ZES, oltre a una serie di altre agevolazioni fiscali e amministrative. Tuttavia, un recente provvedimento dell'Agenzia delle Entrate ha ridotto drasticamente questo incentivo al 17%, mentre il governo aveva già eliminato molte delle altre agevolazioni per concentrarle tutte sulla ZES. 

Questo cambiamento rappresenta una vera e propria mazzata per le imprese meridionali.

Quando le ZES furono introdotte nel 2017, l'obiettivo era chiaro: creare un ambiente favorevole agli investimenti nel Sud Italia attraverso una serie di incentivi. Le agevolazioni previste includevano:
1. Credito d'Imposta del 50%: Un incentivo significativo per le aziende che volevano investire in beni strumentali nuovi.
2. Esenzioni e Riduzioni Fiscali: Agevolazioni su imposte locali e tributi per ridurre il carico fiscale sulle imprese.
3. Semplificazioni Amministrative: Procedure più rapide e meno burocratiche per ottenere le necessarie autorizzazioni.
4. Sgravi Contributivi per le Assunzioni: Riduzioni dei contributi per le nuove assunzioni, per favorire l'occupazione locale.
La Drastica Riduzione del Credito d'Imposta

Il recente annuncio dell'Agenzia delle Entrate ha ridotto il credito d'imposta dal 50% al 17%, giustificando la decisione con la limitata disponibilità di fondi. Questa riduzione rappresenta un duro colpo per le imprese che avevano pianificato investimenti sulla base delle precedenti promesse di supporto.  Uno dei punti di maggiore contestazione riguarda il divieto di cumulo del credito d’imposta con altri incentivi, come i contratti di sviluppo, che limita ulteriormente l’efficacia della misura. Per le piccole imprese, il beneficio risulta essere poco più del 10%, mentre per i grandi investimenti è appena il 6,8%.

La combinazione di queste misure penalizzanti avrà inevitabilmente gravi conseguenze per le imprese del Sud Italia. Molte aziende potrebbero rivedere i loro piani di investimento, riducendo così le opportunità di crescita economica e di creazione di posti di lavoro nella regione. Questo tradimento delle promesse iniziali rischia di aggravare ulteriormente la situazione economica del Mezzogiorno.

La riduzione delle agevolazioni per le ZES non è solo una questione economica, ma anche politica. Dimostra una mancanza di impegno del governo nei confronti dello sviluppo del Sud Italia. Le politiche iniziali avevano suscitato speranze e aspettative, che ora rischiano di essere completamente disattese.

In conclusione, la riduzione del credito d'imposta e l'eliminazione delle altre agevolazioni per le ZES rappresentano un grave passo indietro per lo sviluppo del Sud Italia. Le imprese meridionali, già in difficoltà, vedono sfumare le opportunità di crescita e sviluppo promesse dal governo. Adesso sarà importante l’azione dei sindacati e delle associazioni di categoria per non perdere tutta una serie di investimenti già programmati. Il primo ad intervenire è stato il sindaco di Caserta, Carlo Marino, presidente di Anci Campania: “Alla fine la montagna ha partorito il topolino. Annunciata in pompa magna e dopo una attesa di 7 mesi, la famigerata Zes (Zona economica speciale) unica si è rivelata un provvedimento poco utile per il nostro territorio e dalla portata trascurabile. Essa, infatti, comporta il divieto di cumulo con altri incentivi come i contratti di sviluppo, e l’attrattività del Mezzogiorno per i nuovi investimenti, esteri e non, vale soltanto il 17% del credito teoricamente assegnabile. L’ennesima brutta figura per un Governo che parla molto ma fa davvero pochi fatti”. 

 “Oltre al danno subito dalle piccole e medie imprese, tagliate fuori dalla Zes Unica a causa dell’investimento minimo di 200 mila euro richiesto per beneficiare delle agevolazioni, anche le altre aziende sono state beffate. Il credito d’imposta concedibile in Sicilia nella misura massima del 60% dell’investimento è infatti sceso al 10,60%. Un flop annunciato che deprimerà fortemente gli investimenti nell’Isola ed in tutto il Mezzogiorno”. Lo dicono Piero Giglione e Nello Battiato, rispettivamente segretario e presidente della Cna Sicilia, commentando la recente circolare dell’Agenzia delle Entrate che ha certificato il valore dell’agevolazione. A fronte della disponibilità finanziaria messa in campo, pari a 1,8 miliardi di euro, le istanze da parte del mondo imprenditoriale hanno raggiunto un fabbisogno di ben 9 miliardi.

“Il dato – spiegano – dimostra ancora una volta la grande propensione agli investimenti delle imprese del Mezzogiorno, a cui non viene però tesa la mano. Oggi l’esito di questa azione di incentivo alle imprese indurrà le aziende a rinunciare agli investimenti senza avere, di contro, alcuna soluzione per supportare i propri investimenti”.

“Va al più presto aumentata la dotazione finanziaria della misura – aggiungono – e condiviso un nuovo approccio considerando il fatto che questa agevolazione ha escluso gli interventi delle micro e piccole imprese. È tempo dunque di riflettere attentamente su come valorizzare le risorse pubbliche attraverso un coinvolgimento delle Regioni e dei territori e limitando altre criticità come l’ingorgo autorizzativo di una struttura centralizzata a Roma che dovrebbe facilitare la semplificazione per le istanze delle tante imprese del Mezzogiorno e che, temiamo, produca invece effetti esattamente contrari in termini di allungamento dei tempi per il rilascio delle autorizzazioni specialmente per le pmi”.

“Sin da subito – continuano – avevamo espresso forti perplessità sull’adozione dello strumento del credito d’imposta della Zes Unica in virtù della contestuale abolizione del credito d’imposta per il Mezzogiorno che aveva, fino all’anno scorso, garantito investimenti costanti e virtuosi da parte delle pmi del Sud Italia. Perplessità che si sono aggiunte alla bassa dotazione finanziaria di uno strumento che doveva dare risposte agli investimenti di ben 8 regioni, dove risiedono quasi 20 milioni di italiani e dove operano oltre 2 milioni di imprese”.

“La precedente composizione delle Zone economiche speciali prevedeva, infatti, la perimetrazione di aree ridotte e inserite all’interno di aree industriali e artigianali – concludono – con una coerenza logistica ai principali porti commerciali. La scelta dunque di allargare all’intero perimetro del Mezzogiorno (e dunque oltre 73.000 km quadrati) imponeva la necessità di aumentare sensibilmente la dotazione. La stessa, pur interessante, misura della cosiddetta Transizione 5.0 ha presupposti diversi e caratteristiche non compatibili con le esigenze delle tante pmi del Mezzogiorno. Un aspetto che impone una riflessione profonda sulle modalità di sostegno virtuoso agli investimenti e che deve necessariamente favorire un confronto serio e proficuo con le rappresentanze datoriali”.