Jasmin “Buster” Repesa: il vero prestigiatore del Trapani Shark
Continua a Pistoia la striscia positiva del Trapani, giunta a quota 5 nelle trasferte (94 a 88 il punteggio al PalaCarrara). Un incontro che il Trapani ha dovuto vincere due volte per assicurarselo definitivamente.
Correva quasi il 25° e dopo una schiacciata di Alibegovic il match sembrava concluso con il coach macedone Zare Markovski, appena arrivato, seduto mestamente in panchina ed incapace di tirare dal cilindro un time-out che servisse a frenare l’emorragia.
Ci pensavano però gli Shark ad arrotare i loro finissimi denti e concedersi, come Ugolino, un ruttino dopo “il fiero pasto”. Nulla di più sbagliato nel basket: nella letteratura di questo gioco, esistono migliaia di esempi in cui le partite, già archiviate, devono essere riprese dagli scaffali e rigiocate. Infatti, da quel momento l’inerzia del gioco passava nettamente nelle mani dell’Estra Pistoia che, dopo aver reagito per non prendere un’imbarcata colossale, cominciava a credere in un insperato rendez-vous.
Nei fatti, dopo un parziale di 8 a 0 che li riportava a meno 6, le certezze e lo strapotere tecnico, fin lì acquisiti da Robinson &C., cominciavano a vacillare e l’impossibilità di non poter schierare i lungodegenti Petrucelli e Yeboah, a cui si aggiungeva in extremis anche l’impalpabile Pleiss, si trasformava in macigno caricato sulle spalle.
Lo stesso Repesa segnalava, a fine gara, lo smarrimento a cavallo tra il terzo quarto e i primi minuti dell’ultima frazione. Sottolineava il coach: “guardavano me, smarriti, anziché vedere il canestro avversario “. Né potevano aggrapparsi ai due nuovi arrivati: schierati per l’emergenza infortuni, non potevano fornire contributi sostanziali, al di fuori degli 8 punti messi a referto da Brown. Piu evanescente Eboua, mentre Pullazi, con i suoi 5 punti (i primi nella massima Serie), forniva un sostanzioso contributo alla causa comune. Capitan Mollura partiva addirittura nello starting-five, con la mission di limitare al massimo il potenziale offensivo di Maverick (il nome del top gun interpretato da Tom Cruise) Rowan, figlio del presidente Ron, indimenticabile marine protagonista anche a Trapani.
Coach Repesa, un tipo dall’aspetto buono ma burbero, alla Buster Keaton per intenderci (attore della commedia americana degli anni '30), dispensava pochi sorrisi anche avanti di 21 punti. Rimaneva nell’abituale aspetto fisiognomico, estremamente esigente nelle prestazioni dei giocatori e poco incline ad aggrapparsi agli alibi ed ai facili entusiasmi. Va ricordato che, al richiamo in panchina di ogni giocatore, non tralasciava un pistolotto seguito da un tenero e paterno buffetto sulla guancia, che col suo carisma venivano accettati e metabolizzati da tutti. Sola eccezione quella di Horton a cui invece piaceva discutere vis a vis, ma con grande disciplina ed onestà d’intenti. Spero sia accettato il soprannome di Buster (rompicollo, in inglese) non in termini truculenti, ma come diversa e simpatica accezione del termine. Fu accettata da Keaton ed affibbiata dal mago Houdini in persona. Va intesa come brillante capacità di compiere evoluzioni tattiche, acrobazie strategiche ed oscuri marchingegni miranti a volgere a suo favore anche congiunzioni astrali non favorevoli. A Pistoia, i prodromi cabalistici non pendevano sicuramente dalla sua parte, considerata l’emergenza. Ha dovuto domare anche quella, risparmiandosi la migliore formazione possibile negli ultimi 5 minuti, quelli determinanti, nonostante l’abissale differenza del punteggio a 15 minuti dalla fine. Con la solita silhouette dell’imperturbabilità (non certo quella del fisicone), tirava fuori una magata, simile a quella dell’incontro con Cremona, per liberarsi dalle catene di una aleggiante sconfitta. Il bosniaco sa benissimo che, salvo eccezioni, gli ultimi minuti risultino determinanti ai fini del risultato e che bisogna presentarsi all’appuntamento finale in tight e non con gli stracci addosso. Un quintetto con Robinson, Rossato, Galloway, Alibegovic e Horton, con aggiunta di Notae, in cabina di regia, consisteva nel meglio di quanto potersi concedere. E così è stato: a deciderla, naturalmente, i soliti noti: il Gallo, che prima dell’alba cantava ben tre volte, nel tiro dalla lunga distanza, senza mai tradire. Indi Alibegovic, con un provvidenziale rimbalzo offensivo condito da un canestro ed Horton, vero regista in campo. Non ho mai visto, nella mia trentennale esperienza cestistica, un giocatore che, nella scarna esibizione dei colpi, li scagli con tale efficacia e altruismo. Avanza sotto canestro a fari spenti, muovendo i suoi passettini da bersagliere, senza fanfare al seguito, ritagliandosi i suoi spazi, che risultano sempre venefici per gli avversari. Concede alla platea solo qualche alley-oop, senza mai rivolgersi ai fan per ottenere la meritata standing ovation.
Nell’analisi finale, non resta che sottolineare l’ennesima prova di forza di un complesso che alla vigilia del campionato viveva solo sugli hype del suo mentore e presidente, Valerio Antonini. Ma il vero prestigiatore di tutto l’entourage ha un solo nome: quello di Jasmin “Buster” Repesa.
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