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02/08/2024 06:00:00

Il Parco Archeologico di Selinunte, le feste private e l’allergia alle critiche

 C’è una Castelvetrano che non sopporta le critiche. Quelle dei blogger o dei giornalisti locali che, anche soltanto con la pubblicazione di determinate notizie, vengono considerati nemici del territorio. E quelle dei giornalisti “di fuori” che, come si permettono di mettere becco nelle cose nostre? Qualcuno di certo li avrà imbeccati. Poco importa se questo sia uno dei più influenti del Corriere della Sera, come Gian Antonio Stella che, parlando della recente festa privata nel Parco Archeologico di Selinunte, in un articolo che trovate qui aveva scritto: “Ma ve l’immaginate se l’Inghilterra mettesse a disposizione di una festa privata (privata!) con disco party presso Stonehenge?”.

 La domanda è più che legittima, ma qualcuno gli ha rimproverato di demonizzare determinati tipi di musica in favore di altri, come se il punto non fosse invece il carattere privato della festa, dove l’ingresso è previsto solo per gli invitati.

Si è poi fatto rilevare che proprio a Stonehenge, nel recente passato, si è esibito Carl Cox. Insomma, se questo giornalista avesse fatto una semplice ricerca su Google…

Già. Peccato però che Cox a Stonehenge non si sia esibito in una festa privata. A meno di non considerare privato un concerto dove si paga il biglietto.

 

Tutto qui? No.

Stella, poche settimane fa, aveva scritto anche un altro articolo sui parchi archeologici siciliani, dedicando qualche riga anche a quello di Selinunte. Però, lesa maestà, si è permesso di ricordare che il relativo direttore, Felice Crescente, fu assunto (insieme a tanti altri) dalla Regione Siciliana “nella grande infornata clientelare fatta alla fine degli anni Ottanta con la scusa di esaminare le pratiche del condono edilizio del 1985”. “Di governatore in governatore – scrive il giornalista del Corriere - furono tutti stabilizzati senza un concorso come funzionari” e nel 2000 diventarono tutti dirigenti, pronti a gestire i siti archeologici, senza essere archeologi. Certo, non era un titolo obbligatorio ma, come sottolineato dal giornalista, poteva essere quantomeno opportuno.

Infine non deve essere piaciuta la conclusione dell’articolo, dove si evidenzia come il direttore sia stato fortemente criticato su Facebook “per le condizioni in cui versa il parco greco tenuto in ordine nelle parti più battute dai turisti ma per il resto, compresa l’area dietro il celeberrimo Tempio C sull’Acropoli, abbandonato alle sterpaglie le cui radici azzannano implacabili le rovine: ma come, tu quoque agronomus?”.

 

E in quel momento non era ancora stata diffusa la notizia dell’abbattimento di alcuni alberi di alto fusto, che stavano benissimo ma che per il direttore erano colpevoli di essere estranei alla vegetazione del parco e occludevano i templi. Una notizia da considerare anacronistica se non fosse per la gravità del fatto. Ma come, tu quoque agronomus? Il taglio di una decina di alberi era infatti avvenuto più di un anno fa, ma nessuno se n’era accorto. E se il direttore non avesse fatto outing in quella strana conferenza stampa sullo stato dell’arte, presentandola come una scelta oculata che invece i suoi predecessori (incompetenti?) non avevano preso in considerazione, nessuno ne avrebbe mai saputo nulla. Ma il programma a lungo termine prevede il taglio di altri alberi, e sembra che la cosa non interessi a nessuno.

Il clima, più o meno politico è: bravo il direttore, viva il direttore.

 

Egidio Morici