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Teatro

Agorai Mare

Museo Archeologico Lilibeo Baglio Anselmi - Marsala 91025 Marsala
05/09/2019 - 05/09/2019

Giovedì 5 settembre – ore 18.30 al Museo Archeologico Regionale Lilibeo (Baglio Anselmi) RETABLO MI CHIAMO MARIS E VENGO DAL MARE

Progetto drammaturgico di Melania Manzoni
Adattamento, regia e interpretazione
Chiaraluce Fiorito

...... L’elemento dominante è l’acqua. Un’acqua che sancisce il patto, pulisce, che purifica, che disseta ma anche l’acqua di un viaggio che ammazza, che annega, che fa sparire nel nulla. In un viaggio tutto aperto fatto di domande personali, scomode, senza risposte.
«.... Dopo aver ritrovato un'amica, ormai donne, io e Melania ci siamo imbattute nella storia di un'altra donna, una giovane madre che accetta dentro di sé una figlia concepita senza amore su un marciapiede desolato, con uno straniero che le punta una lama al collo. La accetta come si fa con un ospite, un ospite inatteso.
Raccontare la storia di Maris che viene dal mare, (il nome è di pura fantasia per motivi di sicurezza, ma è il giusto nome per la sua protagonista) è un grido rivoluzionario e controcorrente. La drammaturgia si fonde e si confonde con la pura narrazione emotiva di tre donne e il loro viaggio:
"Mi chiamo Maris e vengo dal mare" è il viaggio di tante Maris, Gledis, Precious, Fathou e molte
altre». Chiaraluce Fiorito Maris non è un personaggio di fantasia e la sua storia non è una fiction.
L’abbiamo conosciuta allo Sprar di un paese della Sicilia Orientale e abbiamo deciso di raccontare insieme alla sua storia anche quella di molte altre donne - immigrate – schiave – vittime di tratta e di violenza di genere.
Venduta, costretta a prostituirsi rimane incinta, viene poi messa su un barcone e spedita in Italia, dove - grazie al sistema di accoglienza - si salva definitivamente dallo sfruttamento. Una storia come tante, una storia che i nostri figli non leggeranno mai sui libri se non saremo capaci
di far uscire questi e molti altri fatti dal silenzio della Storia. Questo non è teatro della “messinscena”, ma una performance che vuole fare domande scomode, lanciare provocazioni e lasciare il buonismo fuori dalla porta; perché nel gioco delle parti, tra «i sommersi e i salvati» per citare Primo Levi, tutti abbiamo la responsabilità di conoscere e difendere la verità attraverso la voce dei testimoni.
Un flusso di connessioni aperte, in cui lo spettatore è chiamato a prendere attivamente il punto di vista di chi accoglie ma solo dopo essersi messo nei panni dell'altro, l'immigrato, lo straniero . 

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