“Motya phoenician wine day”
Alla ricerca dell’origine della viticoltura in Sicilia, a Mozia un progetto di scavo e ricerche che, attraverso analisi archeo-botaniche e l’esame del DNA, ha ripercorso i passi della coltivazione della vite e della produzione del vino in quella che fu per tanti secoli, dall’avvento dei coloni levantini al dominio di Cartagine, uno dei più fiorenti centri del Mediterraneo. Protagonista l’equipe scientifica della Missione archeologica a Mozia dell'Università Sapienza, in sinergia con la Soprintendenza di Trapani, la Fondazione G. Whitaker e Tasca d’Almerita
Sabato 8 settembre alle ore 18,30 per il “Motya phoenician wine day” saranno presentate in anteprima le recentissime scoperte effettuate nelle campagne di scavo. Interverrà il professore Lorenzo Nigro, a capo della campagna di scavi, che racconterà dei primi Fenici a Mozia e del loro contributo alla prima viticoltura sull'isola. Sarà inaugurato il nuovo percorso enologico-archeologico nelle aree di scavo dove sono stati ritrovati antichi vinaccioli di probabile origine fenicia.“Nelle ultime campagne di scavi con le nostre archeo-botaniche, abbiamo identificato numerosi vinaccioli negli strati più antichi della colonia fenicia. Lo studio di questi reperti e delle installazioni ad essi collegate oltre che dei contenitori del vino – racconta Lorenzo Nigro - rivela il ruolo di questa bevanda nella società e nella cultura dei "Fenici d'Occidente".
Giacomo Ansaldi enologo del Centro regionale vivaio “Federico Paulsen” racconterà la storia del vitigno più contemporaneo di Sicilia, il Grillo, l’ultimo nato nella nostra isola.
“Mozia rappresenta la culla dove da 3 mila anni si raccontano le radici della vite. Dai fenici in poi, l’isola non ha più smesso la sua coltivazione. Qui nei primi del Novecento è stato impiantato probabilmente il primo nucleo del Grillo direttamente dai vivaio di Favara, dove è stato creato il vitigno siciliano più contemporaneo – racconta Ansaldi - Nell’isola scopriremo le piante più antiche ancora in produzione, che con i loro settant’anni sono un esempio interessante di adattamento della vite al luogo. Scopriremo insieme il profilo genetico del vitigno e la sua storia”.
Il programma della manifestazione prevede dalle 17,30 la passeggiata alla ricerca delle tracce fenicie “Dall’archeologia alla viticoltura”; alle 19 la tavola rotonda “Alla scoperta delle origini del vino nell’isola di Mozia e della genesi del Grillo attraverso la paleobotanica e l’analisi del DNA della vite”. Oltre al professoreLorenzo Nigro, direttore della Missione archeologica a Mozia, intervengono: Claudia Moricca (paleobotaniaca con tesi sulla vite nel mediterraneo), Teresa Rinaldi (esperta dei lieviti del vino), Rodolfo Negri (esperto DNA antico), Giacomo Ansaldi (enologo del Centro regionale vivaio “Federico Paulsen”).
Sono previsti 3 traghetti per Mozia dall’imbarcadero Salina Infersa (Mamma Caura - Mozia Line) alle 17,30, alle 17,45 e alle 18,00. Il ritorno è previsto alle 20.30 oppure alle 20.45.
La partecipazione all’evento è gratuita, su prenotazione attraverso la mail tenutawhitaker@tascadalmerita.it .
MOZIA E TASCA D’ALMERITA
Nel 2007 la Fondazione Whitaker ha affidato alla famiglia Tasca d’Almerita la realizzazione di un progetto per la promozione e il recupero dei vigneti storici di Grillo, facendo rivivere il ‘‘Vino dei fenici’’. Oggi qui si trovano in produzione 12,7 ettari di viti e 1.6 ettari di oliveti. Il risultato è il Grillo di Mozia, ricco di storia, e un olio extravergine di oliva espressione di questo territorio. Il vitigno Grillo, creato dal barone Antonio Mendola alla fine del 1800, è un ibrido di Catarratto e Moscato d’Alessandria (noto anche come Zibibbo). Questa varietà autoctona prospera nel caldo marsalese ed è abbastanza resistente alle malattie, conservando allo stesso tempo le qualità dei due vitigni d’origine.
LA STORIA DELLA VITICULTURA
L’addomesticamento della vite e la produzione del vino nascono nel Levante, dove questa pianta trovava un habitat naturale favorevole, almeno dal IV millennio a.C. Dall’inizio dell’età del Bronzo, e sempre di più con l’avvento della società urbana, la proprietà degli appezzamenti di terreno, l’affermazione delle élites, la fondamentale vocazione agricola del territorio fecero del vino un elemento centrale nell’economia e nella simbologia delle società del Vicino Oriente e dell’Egitto. Nei testi di Ebla del III millennio a.C. compaiono vite, vino (gish-geshtin) e vigne e lo stesso accade in quelli di Ugarit, il grande centro della Siria settentrionale nella seconda metà del II millennio a.C. Quando i Levantini prima e i Fenici poi navigarono verso Occidente raggiungendo Mozia, tra la seconda metà del II millennio a.C. e il I millennio a.C., il vino era già una componente fondamentale della civiltà orientale.
Quindi, sebbene dobbiamo ai Greci le più affascinanti descrizioni di come questa bevanda facesse parte oltre che della loro vita sociale anche del loro immaginario, non possiamo escludere che siano stati gli orientali i primi a portare in Sicilia la cultura del vino e con essa le piante della vite.
Alla ricerca di questi primi passi della viticultura in Sicilia, l’equipe scientifica della Missione archeologica a Mozia della Sapienza ripercorrerà i passi della coltivazione della vite e della produzione del vino in quella che fu per almeno quattro secoli uno dei più fiorenti centri del Mediterraneo.
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