
Strage di Monreale: il giovane arrestato, la caccia ai complici e il dolore delle famiglie
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Ha confessato tra le lacrime poche ore dopo aver aperto il fuoco nella piazza affollata di Monreale, uccidendo tre ragazzi e ferendone altri due. È Salvatore Calvaruso, 19 anni, del quartiere Zen di Palermo, arrestato con l’accusa di strage e porto abusivo di arma da fuoco.
La caccia ai complici è ancora aperta: secondo le indagini, quella notte insieme a lui c’erano almeno altri quattro giovani, anche loro provenienti dallo Zen e dal quartiere Borgo Nuovo. Gli inquirenti, coordinati dalla Procura di Palermo, sono al lavoro per identificarli e assicurarli alla giustizia.
Calvaruso, incastrato dalle immagini di videosorveglianza, dalle testimonianze oculari e da alcuni oggetti rinvenuti sul luogo della strage, aveva inizialmente tentato di sviare le indagini denunciando il furto del motorino usato quella sera. Ma la sua versione è presto crollata sotto il peso delle prove. Dopo una prima confessione, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio.
Le prove contro Calvaruso
Il quadro accusatorio contro Calvaruso è pesante. Oltre alla confessione iniziale, ci sono i filmati delle telecamere di sicurezza, il racconto di testimoni oculari e un elemento oggettivo: un paio di occhiali ritrovati sulla scena della rissa, identici a quelli che il giovane indossava, come documentato da una foto estrapolata dai social.
Un amico del 19enne ha inoltre riferito agli inquirenti di avergli prestato il motorino e di essere stato invitato a denunciarne falsamente il furto. Calvaruso avrebbe ammesso con lui di aver "combinato un macello", confessando di aver sparato e ucciso.
L’avvocato Giovanni Castronovo, inizialmente nominato come difensore di fiducia, ha rinunciato all’incarico per motivi professionali. Calvaruso dovrà quindi scegliere un nuovo legale mentre, nei prossimi giorni, il fermo sarà sottoposto al vaglio del gip.
Il dolore dei genitori
Straziante il dolore dei genitori delle vittime. Giacomo Miceli, padre di Andrea, uno dei tre ragazzi uccisi, ha parlato davanti alla camera mortuaria del Civico di Palermo. Con la voce rotta dall’emozione ha chiesto giustizia per suo figlio e per gli altri giovani morti. "La mia vita è finita ieri", ha detto. "O verrà fatta giustizia o me la farò da solo".
Il padre di Andrea ha raccontato il coraggio del figlio, che prima ha messo in salvo la fidanzata e poi ha tentato di aiutare il cugino Salvatore. "Sono stati uccisi mentre tentavano di aiutarsi a vicenda. Erano così i nostri ragazzi, così li abbiamo educati", ha aggiunto.
Dal dolore emerge anche un appello accorato ai familiari dei responsabili: "Convincete i vostri figli e i loro complici a costituirsi. Mi avete tolto un figlio e un nipote. Non rivedrò più i loro sorrisi per colpa anche vostra, che non siete riusciti a educarli".
Nel frattempo, davanti al pub dove è avvenuta la strage, è stato appeso uno striscione in ricordo delle vittime: "Non lo spegni il sole se gli spari", firmato dagli "Ultras Pioppo", in omaggio ad Andrea Miceli che giocava come attaccante nel Real Pioppo.
Le indagini continuano
Le indagini proseguono senza sosta. I carabinieri sono alla ricerca degli altri responsabili, mentre l'arma usata nella sparatoria non è stata ancora ritrovata. La Procura ha già disposto l’autopsia sui corpi delle tre vittime per chiarire tutti gli aspetti della tragedia.
Intanto, il 16enne ferito alla testa, che si trovava casualmente davanti al locale al momento degli spari, è fuori pericolo. "Sono vivo per miracolo", ha raccontato dal letto d’ospedale. Anche lui, come i familiari delle vittime, chiede giustizia.

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