Il servizio idrico italiano sta finalmente migliorando. Dopo anni di ritardi, oggi si registrano progressi concreti nella riduzione delle perdite, nelle interruzioni, nella qualità dell'acqua potabile e nella gestione di allagamenti e sversamenti. È il frutto delle risorse messe in campo con il Pnrr e con il Pniissi, il Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico, a cui si sommano i fondi raccolti attraverso le tariffe pagate dagli utenti.
Grazie a questi investimenti, l'Italia si sta avvicinando alla media europea per quanto riguarda la spesa pro capite nel settore idrico. Tuttavia, il quadro delineato dal dossier del Servizio Studi della Camera, basato su dati Arera, Istat e Utilitatis-Utilitalia, avverte che i risultati raggiunti rischiano di non bastare nel lungo periodo.
Il Blue Book di Utilitalia evidenzia che negli ultimi anni gli investimenti sostenuti tramite le tariffe sono saliti fino a circa 4 miliardi di euro l’anno. A questi si aggiungono le risorse del Pnrr, pari a circa 700 milioni di euro annui, che però si esauriranno nel 2026. Secondo le stime, il fabbisogno del settore è di almeno 6 miliardi di euro ogni anno.
Senza l’apporto straordinario del Pnrr, dunque, sarà necessario trovare tra 1,3 e 2 miliardi di euro l'anno in più, per innalzare l’indice di investimento e raggiungere i 100 euro per abitante, avvicinando così l’Italia agli standard dei Paesi europei di dimensioni simili.