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27/04/2025 07:00:00

Gentilezza, esistere, comunità: la lezione di Papa Francesco

 Abbiamo trascorso questa settimana quasi sospesi con un occhio alle news, alla tv o radio, e la notizia della morte di Papa Francesco credo abbia coinvolto tutti, credenti e non.

Chi ha memoria, ricorda il suo esordio tredici anni addietro con un semplice e quasi stupito “buonasera”, una entrata in scena dettata dalla semplicità, uno di noi. Di lì a poco fu analizzato ogni poro di quest’uomo, e colpì che non ostentava ori, viaggiava con la sua borsa consunta in pelle - quasi un travet della fede - e poi le sue scarpe nere. Il suo ingresso segnò già dall’esteriorità una distanza che ascrivo al sostantivo sobrietà, in un tempo in cui l’ostentazione della ricchezza è status, lui è apparso altro fin dalle sue prime parole e poi nelle encicliche e dovremmo farne tesoro.

Le parole ci connotano per un racconto del nostro fare e sopratutto le azioni conseguenti, siamo consustanziali a loro sopratutto negli offici che ognuno di noi persegue nel quotidiano: e se queste hanno un peso specifico, alcune galleggiano da qualche giorno nella testa

Rigenerazione ovvero un nuovo Umanesimo
Esistere
Comunità

Tempo addietro lessi un articolo interessante sull’uso dei pronomi IO, NOI di Daniela Hamaui (editorialista de la Repubblica e già direttrice dell’Espresso), mi colpì di quelle righe il paradigma di visione di insieme ovvero declinare un certo modo di fare politica e allo stesso tempo un sistema di ragionamento, IO NOI, dettagli che fanno la differenza e da lì comprendi che si può abitare un tempo-azione, ripartendo dalle parole e dai pronomi
Quando argomentiamo di Rigenerazione - si ragiona unicamente o quasi di luoghi abbandonati da restituire alla pubblica fruizione.
Andiamo oltre e convinciamoci che prima di un recupero architettonico per una socialità diversa c’è dell’altro: l’essere umano al centro del pensiero, un Umanesimo di questo tempo riattivando con parole comprensibili un tessuto connettivo asfittico, è una mia fissazione.

Un riferimento a tal proposito dall’enciclica “Fratelli tutti” del 2020

(224) “La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici
…La pratica della gentilezza non è un particolare secondario né un atteggiamento superficiale o borghese. Dal momento che presuppone stima e rispetto, quando si fa cultura in una società trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali, il modo di dibattere e di confrontare le idee”.

Ansia urgenza ignorare confrontare, sostantivi e verbi che saltano all’occhio: proporsi con la gentilezza per avere punti di contatto con la comunità e il territorio.

Esistere ovvero Ex sistere

uscire dalla stasi, dal viversi addosso, seguire e perseguire sempre lo stesso solco. Avere del tempo e rileggere ed ho trovato questo passo in un libro a scaffale Elogio dell’ozio di R.L. Stevenson del 1877: provocare come fine ultimo non ha senso e non è nelle corde ma cercare da uno stato di cose una scintilla forse si

…”Esiste una specie di morti viventi, di gente banale che a malapena ha coscienza di esistere se non nell'esercizio di qualche occupazione convenzionale. Portateli in campagna o imbarcateli su una nave e vedrete quanto si struggeranno di nostalgia per il lavoro o il loro studio.
Non sono mossi da curiosità, non sanno abbandonarsi alle sollecitazioni del caso, non provano piacere nel mero esercizio delle loro facoltà, e, a meno che la necessità non li incalzi minacciandoli con un bastone, non muoveranno un dito”

Stevenson non aveva una grande opinione al suo tempo di una parte di comunità in senso ampio, ma l’agire per uno stato di cose, porta naturalmente a stare in ascolto e muoversi con coerenza con i mezzi che si ritengono più affini e allora un dipinto non sarà solo una tela, una poesia non più architettura di parole, e una fotografia non sarà solo catturare l’attimo.
Agire con la Cultura è seminare oggi per un raccolto incerto domani, ma è un imperativo.
E’ parlare con onestà intellettuale a più soggetti cercando il confronto sempre, convinti che da soli non possiamo andare da nessuna parte e copiamo il pensiero sociale di Adriano Olivetti, ancora oggi è oggetto di studio e modello per una costruzione etica e solidale di aziende nel mondo. C’è l’urgenza della gentilezza per ESISTERE, un obbligo morale ad indicare una strada e mostrare che si può essere classe dirigente, proponendo azioni comuni per abitare un tempo utile: καιρός non χρόνος

Comunità

cosa saremmo senza di lei? Corpi estranei e paralleli ad un contesto. Agiamo al suo interno e questo ci porta al confronto e a prendere coscienza di quanto viviamo spesso soli oggi (Io Noi). Si sprecano parole e forse non si dà il giusto peso all’azione di una politica del fare, si prevarica e la comunità finisce per parteggiare in modo inconsapevole per questa o l’altra parte. Contrapposizioni inutili e dannose, dobbiamo tornare ad abitare i luoghi, lo possiamo fare - credo - progettando insieme ma una domanda è d’obbligo: agire con l’altro, è un esercizio di stile? Comunità ha la radice di “comune” e di “comunicazione” e da etimo deriverebbe da cum-munia (doveri comuni), secondo altri da cum moenia (mura, fortificazioni comuni).
Preferisco la prima: mura, fortificazioni e altre barriere le ho vissute come distopie e quel cum amplifica l’aspetto di relazione, di contesto condiviso (la mia generazione ha vissuto l’abbattimento del Muro di Berlino nel 1989 avevo 24 anni e fu una liberazione che mi emoziona ancora oggi).
Apertura, è l’elemento fondante per una comunità che si definisce tale, e il rapporto con gli altri si basa sulle contaminazioni per differenza: la Storia ci ricorda da sempre che siamo meticci.
La disponibilità verso gli altri, offrire senza nulla a pretendere. Provare a vivere il senso di comunità come vissuto soggettivo e da qui trarre forza e motivo per andare oltre favorendo il benessere della comunità.
Lo spirito di questo tempo ci deve animare ad agire per un ché di superiore, dal basso insieme e con la sobrietà che ci ha indicato un uomo di nome Francesco

Giuseppe Prode



STUDIO VIRA | 2025-04-09 10:50:00
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