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22/04/2025 16:00:00

 L’eredità di Francesco. Il Papa degli ultimi

È tornato alla Casa del Padre il Papa degli "ultimi", Jorge Mario Bergoglio, proprio il giorno dopo la Pasqua, quando l’angelo, rivolgendosi alle donne giunte al sepolcro, disse: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate ad annunciare questa notizia agli Apostoli."

Una Pasqua di sofferenza, quella del Pontefice, che dopo aver concesso l’indulgenza plenaria e impartito la benedizione Urbi et Orbi, è sceso in piazza San Pietro per salutare i fedeli. Forse consapevole che si trattasse dell’ultimo saluto nella sua vita terrena.

La cifra del suo pontificato — e, in fondo, dell'intera sua esistenza — è stata la compassione. Un impegno autentico per alleviare il dolore degli altri, con una solidarietà speciale verso i diseredati, i poveri, che ha sempre definito “fratelli e sorelle che ci portano a Gesù”, ricordando che sono “al centro del Vangelo e che i cristiani non devono voltarsi dall’altra parte”. Ripeteva spesso: “La povertà è uno scandalo, e Dio ne chiederà conto.”

Ai malati ha riservato gesti di grande tenerezza, come quando, domenica 6 aprile, a due settimane dalle dimissioni dall’ospedale per una polmonite bilaterale, ha voluto salutarli a sorpresa sul sagrato di San Pietro, al termine della Messa per il Giubileo degli ammalati.

Indimenticabili le sue visite agli immigrati: da Lampedusa, prima tappa del suo pontificato a soli cinque mesi dall’elezione, al campo profughi di Lesbo, in Grecia, dove ha denunciato la “politica dello scaricabarile” in tema di migrazioni.

Ai carcerati ha dedicato attenzione fino alla fine. Il 17 aprile, da Regina Coeli, ha dichiarato: “Il Giovedì Santo ho sempre desiderato andare in carcere per compiere, come Gesù, la lavanda dei piedi. Quest’anno non posso farlo, ma voglio esservi vicino. Prego per voi e per le vostre famiglie.”

Una delle sue espressioni più forti resta la denuncia della “globalizzazione dell’indifferenza”, che alimenta la “cultura dello scarto”. Ha difeso con forza il valore dell’inclusione: “La Chiesa è aperta a tutti, anche a gay e trans”, ha affermato, con coraggio pastorale.

Anche le donne hanno avuto un ruolo centrale nella sua visione: “La Chiesa è donna, è madre. Le donne rappresentano la resurrezione, perché annunciano che Dio è vivo”. Non solo parole: ha nominato donne a incarichi di rilievo in Vaticano, segnando una svolta storica.

Il dialogo interreligioso è stato per lui una missione fondamentale: costruire la pace e l’armonia nel mondo, invitando credenti di ogni fede a collaborare nella fiducia e nel rispetto reciproco.

Sulla guerra a Gaza, ha assunto una posizione netta che ha irritato il governo israeliano, chiedendo “di indagare con attenzione per stabilire se quanto accade rientri nella definizione tecnica di genocidio”, come formulata da giuristi e organismi internazionali.

Un altro lascito importante è stato la sua costante condanna della “mondanità spirituale”, riferendosi a quegli atteggiamenti nel clero che pongono se stessi al centro della fede, anziché Dio.

Le sue parole si sono tradotte in azioni concrete: ha istituito il Fondo Gesù Divino Lavoratore a sostegno delle famiglie colpite dalla crisi post-Covid, il Fondo Populorum Progressio per progetti di sviluppo umano in Africa e Sud America, e ha invitato ogni diocesi a farsi carico dei bisogni del proprio territorio.

Ha anche mantenuto con fermezza i capisaldi della sua fede, opponendosi all’eutanasia, all’aborto, alla procreazione al di fuori del matrimonio e al divorzio.

L’eredità di Francesco è vasta, profonda, e include anche il cuore di molti laici che, pur da prospettive diverse, hanno apprezzato la sua coerenza, il suo coraggio e la sua umanità.

Ciao Francesco.

Vittorio Alfieri



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