Il primo, e unico finora, intervento autorizzato dalla Soprintendenza sulla Colombaia è la demolizione della minuscola guardiola, circa cinque metri quadri. Il porta container con sopra i mezzi necessari per l'intervento sarebbe già in mare, e tanto basta per far dire che i lavori sono “ufficialmente iniziati”. Ma la verità è che il cantiere del restauro da 27 milioni di euro, finanziato con fondi Pnrr, è ancora tutto da aprire.
L’annuncio dell’amministrazione era arrivato mesi fa con enfasi: la Colombaia tornerà a nuova vita, sarà candidata a diventare “simbolo di pace nel contesto euromediterraneo”. Ma a distanza di tempo, l’unico via libera concesso riguarda un prefabbricato di nessuna rilevanza storica. I veri lavori sul castello non sono ancora cominciati. E intanto le scadenze europee incombono.
L’intervento di demolizione della guardiola, programmato entro fine aprile, rappresenta tecnicamente la messa a terra del cantiere. Ma è un’operazione simbolica più che sostanziale. Perché su tutto il resto si attendono ancora pareri, permessi, documenti. I progettisti hanno fatto il loro dovere: il team incaricato ha lavorato intensamente, il progetto è pronto e già vagliato anche dalla Commissione Tecnica Specialistica della Regione, che a gennaio avrebbe dato parere positivo alla Valutazione di Incidenza Ambientale. Ma la burocrazia, come spesso accade, ha il passo lento.
I corpi della Colombaia su cui si dovrà intervenire sono due. Il primo è il capannone militare interno, costruito durante la Seconda Guerra Mondiale per il ricovero delle torpedini, poi usato come carcere. Oggi è in stato di totale degrado, con crolli e danni strutturali. Verrà demolito, come previsto dal progetto, perché privo di qualsiasi valore architettonico e irrecuperabile. Il secondo corpo è il castello stesso, con la sua torre ottagonale e le terrazze, che sarà oggetto di un intervento conservativo più delicato.

Il piano prevede la trasformazione della Colombaia in un museo con sale conferenze, spazi didattici, ristorazione e foresteria. Ma la preoccupazione di comitati e associazioni è che le strutture private prendano il sopravvento su quelle culturali. Il Comitato “Insieme per la Colombaia” ha più volte lanciato l’allarme: “Si parla di 5-10 milioni di euro da reperire con il Project Financing per bar e ristoranti, ma intanto non c’è un piano concreto per il museo. Né sono state attivate le collaborazioni con università e realtà scientifiche previste dal Pnrr”.
Anche sulla trasparenza del percorso amministrativo piovono critiche. Il Comitato ha denunciato l’assenza di un confronto pubblico, la mancanza di dettagli sul cronoprogramma, e soprattutto l’eventualità che la Commissione Regionale dei Lavori Pubblici possa sostituirsi a tutti i pareri degli enti preposti. “È regolare?”, si chiedono. Un nodo che rischia di ridurre al minimo ogni possibilità di modifica e confronto democratico sul progetto.
Nel frattempo, le prescrizioni ambientali obbligano a una gestione attenta del cantiere. Sarà necessario un Piano di Monitoraggio Ambientale che consideri fauna, flora e rumore. Prima dei lavori, si dovrà certificare l’assenza di nidi e tane. Le piste di accesso per i mezzi dovranno essere temporanee e rimosse a fine lavori. Le macerie saranno smaltite secondo normativa, mentre le pietre antiche recuperabili verranno riutilizzate.
Ma tutto questo è ancora sulla carta. Il solo movimento atteso nei prossimi giorni sarà la rimozione di una piccola costruzione moderna. Il resto del castello – da troppo tempo abbandonato e chiuso al pubblico – attende che alle parole seguano finalmente i fatti. E con una scadenza fissata al 31 dicembre 2028 per concludere i lavori, il cronometro è già partito