Le elezioni provinciali che tante polemiche ha scatenato in queste settimane, a ben guardare, sembrano invece possedere paradossalmente il pregio della chiarezza.
Affermazione disturbante quanto si vuole, ma che, squarciando il velo dell’ipocrisia, ritorna a dare il giusto nome alle cose.
Negli ultimi anni e, in modo particolare in occasione delle recenti elezioni comunali, e’ invalsa la tendenza a presentarsi al giudizio degli elettori nascondendo la casacca partitica di appartenenza, indossando quella di un improbabile quanto falso civismo.
Parodiando grossolanamente il Civismo primordiale degli anni 70/80, con l’idea di sostituire i partiti e le loro degenerazioni, si e’ consolidato nel corso di questi ultimi anni l’artifizio fin troppo evidente teso a mascherare la politica con il “nuovismo” ad ogni costo. Lo scopo di ingraziarsi il consenso popolare anelante ad un cambiamento autentico.
Il “Civismo” , quello vero, era cosa ben diversa. Nasceva da un processo educativo alimentato da nobiltà di sentimenti autenticamente civili fino a trascurare l’interesse proprio a tutto vantaggio di quello collettivo. Mentre i titolari odierni di questo civismo d’accatto, sottobanco devono rendere conto parodicamente al loro mascherato deputato di riferimento.
Una contraddizione stridente che impedisce loro ad assolvere liberamente al loro ruolo istituzionale. Creando in questo modo ulteriori disillusioni e frustrazioni e accrescendo sempre di piu’ il distacco tra amministratori e amministrati. Lontani mille miglia dalla politica con la “P” maiuscola.
Ed infatti spesso si tratta di liste costruite in ambienti dove a prevalere e’ la volonta’ di un singolo ma contrabbandate come spontanee aggregazioni di pezzi della società civile liberi da agganci partitici.
Operazioni trasformistiche che riescono sempre anche perché a una larga parte degli elettori piace stare al gioco, tranne poi manifestare le loro frustrazioni sui social o gettando i sacchetti dell’immondizia negli angoli piu’ impensati della citta’.
Ma se e’ stato gioco facile nascondere la casacca partitica di appartenenza, arriva sempre l’ora della verità, come per il toro nell’arena. Che giusto in questi giorni si e’ materializzata con la preparazione delle liste per le elezioni provinciali di secondo livello del prossimo 27 aprile.
Attenzione. Di secondo livello. Il politico che vota il politico, non avendo l’alibi del voto “popolare”, deve togliere la casacca del “civismo” e necessariamente indossare quella del partito. Il Re e’ nudo!
E’ in quel momento che, come d’incanto o un riflesso condizionato, scatta il richiamo all’ordine.
Che a noi ha fatto ricordare quello famoso dell’ufficiale della Marina borbonica Cafiero che dava alla ciurma della sua nave:
“Chilli che stanno a dritta vanno a sinistra e chilli che stanno a sinistra vanno a dritta”( Quelli che stanno a destra, vadano a sinistra e quelli che sono a sinistra vadano a destra).
Tanto zelo e fervore per eleggere un presidente e i consiglieri di un Libero Consorzio? No. Non occorre essere esperti politologi per capire che queste votazioni ( di medio termine, le chiamerebbero altrove) rappresentano una sorta di prove tecniche per conquistare l’investitura o quanto meno la pole position per le prossime elezioni regionali.
E allora, il gioco vale la candela. Si butta alle ortiche la casacca anonima del “civismo”, e si fa entrare dalla finestra il partito di riferimento che era stato lasciato dietro il portone quando si era votato per il Consiglio comunale.
E cosi accade che sulle note di un volteggiante valzer di “cambiacasacca” consiglieri comunali di opposti schieramenti in un comune, si ritrovano insieme nella stessa lista a sostegno del medesimo candidato presidente.
Viceversa, ci sono consiglieri comunali che siedono negli scranni della stessa maggioranza in un comune, che concorrono alla carica di consiglieri provinciali ma in liste diverse.
Si dirà, tutte cose note. Nulla di nuovo sotto le stelle.
Vero. Ma come diceva Hegel, “Ciò che è noto, non è conosciuto” .
Accontentarsi del “noto”, e’ il modo più comune di ingannare sé stessi e gli altri.
Quando si da’ per scontato che qualcosa sia nota equivale ad accettarla supinamente come tale e che sia giusto così com’e’.
Un assioma che una corretta informazione non dovrebbe mai dimenticare.
Franco Ciro Lo Re