
La corruzione al cimitero di Trapani
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Era tutto un sistema. Per dare degna sepoltura a un familiare bisognava pagare. E se volevi saltare la fila, dovevi sganciare ancora di più. La tangente? La chiamavano “il caffè per il necroforo”. Ma non si trattava di spiccioli: in un caso sono stati chiesti 2.600 euro alla figlia di un defunto. E non era un’eccezione.
Il cimitero di Trapani era diventato un terreno di conquista, un feudo personale gestito come se le regole valessero solo per gli altri. Lo dice un’indagine della Procura, lo confermano le intercettazioni, lo testimoniano i sequestri: due depositi abusivi pieni di materiale edile, usato per lavori fatti in nero, sono stati scoperti durante il blitz della polizia, dalla Municipale, che ha eseguito una raffica di misure cautelari. Ventitré indagati, due arresti, tre divieti di esercizio per titolari di agenzie funebri, e perfino un medico legale nei guai.
Al centro dello scandalo ci sono Mario Pizzurro, ex necroforo del cimitero, e il suo braccio destro Emanuele Renato Grimaudo. Un’accoppiata che, secondo la Procura, aveva trasformato il camposanto in un’impresa personale. Corruzione, peculato, violazione di sepoltura, concussione: queste le accuse. Un elenco che dice tutto.
I loculi comunali venivano “liberati” con disinvoltura. Bastava una valutazione compiacente dello stato di decomposizione, magari con la firma del medico legale Paolo Meduri, finito anche lui sotto inchiesta. I parenti delle salme venivano messi con le spalle al muro: o pagavano o i tempi si allungavano. In tre casi documentati, i soldi servivano ad “accelerare” estumulazioni, come se ci fosse una corsia preferenziale per chi pagava sottobanco.
Poi c’erano i favori agli amici. Come nel caso di G.F., che per 600 euro ha ottenuto la traslazione del padre in un loculo di suo gradimento, senza burocrazia e con tempi rapidi. E dietro c’erano sempre loro, Pizzurro e Grimaudo.
Il sistema coinvolgeva anche le agenzie funebri. Vito Dolce, Giuseppe e Giampiero Colletta Giuseppe, e Vito Polisano, titolari di tre imprese trapanesi, sono accusati di aver goduto di un trattamento privilegiato in cambio di una percentuale sui guadagni. Una sorta di cartello del dolore che lucrava sul lutto delle famiglie.
Ma non finisce qui. Se servivano lavori alle cappelle private, Pizzurro proponeva un muratore “di fiducia” che lavorava in nero. Così si evitavano le tasse comunali e tutti ci guadagnavano. Tranne, ovviamente, il Comune. In un caso, una coppia ha versato 1.500 euro in anticipo per lavori che sarebbero dovuti costare 70 euro. La cifra finale? 3.500. E nessuna ricevuta.
Infine, il lato più meschino della vicenda: Pizzurro sarebbe accusato anche di aver sottratto monili in oro dalle salme. Una profanazione vera e propria, che emergerebbe da una intercettazione. E avrebbe segnalato ai fiorai i vasi freschi lasciati dai parenti, che venivano poi “ripresi” e rivenduti. Una catena che si reggeva sul silenzio, sull’impunità e su un’abitudine radicata: “così si è sempre fatto”.
Favori, bustarelle, lavori in nero e minacce più o meno esplicite: era tutto talmente normale da sembrare lecito. Talmente rodato da diventare una routine. L'indagine è partita da una segnalazione di un dirigente comunale nel luglio del 2023. La segnalazione denunciava le attività ostruzionistiche dell'allora necroforo nei confronti della ditta regolarmente affidataria dei servizi cimiteriali.
In due anni, molte le segnalazioni e ora che la Procura ha scoperchiato il vaso di Pandora, si aspettano altre denunce per rafforzare l’impianto accusatorio.

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