Il tempo per molti è una variabile, rassegnarsi che si può essere aderenti al quotidiano, a volte non fa male. Voi sapreste immaginare a Roma Piazza del Popolo come un grande parcheggio? O la fontana del Bernini (padre) di Piazza di Spagna come uno spartitraffico? C’è stato un tempo in cui tutto questo era normale.
Aggiungo - cosa relativamente recente - che un politico candidato in corsa non ricordo se a Palazzo San Giacomo o a via Santa Lucia in Campania, inserì nel suo programma la riapertura al traffico di Piazza Plebiscito.
Mimmo Paladino e i suoi cavalli impazziti avrebbero ringraziato…
Nei giorni scorsi ho letto di una iniziativa privata tesa a raccogliere firme per l’apertura della Plateia Aelia - pardon per la restituzione dell’antico viale alla Città - all’interno del Parco Archeologico di Lilibeo e a conforto di questa raccolta si cita viale dei Fori Imperiali come esempio virtuoso (sempre a Roma).
Questa, che negli ultimi anni ha visto di molto limitato il traffico veicolare privato, ed è di fatto una strada a quattro corsie tra il Foro di Traiano e il Palatino, è uno scempio assoluto e tutti - turisti e non - ce ne rendiamo conto nelle domeniche a piedi ovvero quanto sarebbe bello unire ciò che altri divisero, ma il tema non è questo a mio parere.
Grazie ad aver preservato quell’area che oggi non abbiamo una lingua di asfalto ma abbiamo scoperto cosa ci fosse lì sotto: pezzi di storia che riemergono e che con fatica e risorse sempre troppo esigue, ci vogliono raccontare cosa eravamo.
Perché stiamo sempre con la testa voltata indietro? Ah quanto era bello il Festival Jazz, o le passeggiate al Ferro di Cavallo. Siamo nel 2025, qualcuno di voi vorrebbe rivedere i cavalli correre dentro il Parco? Eppure siamo coevi come periodo, e se qualcuno non vuol ricordare che avevamo un ippodromo oltre Porta Nuova pazienza.
Da area recintata, a Museo di Baglio Anselmi e poi di recente Parco Archeologico e spero di sbagliare ma siamo tra le pochissime città in Sicilia da godere di questa meraviglia, avendo il bene di fare una passeggiata per visitarlo (Castelvetrano vedi Selinunte, idem Agrigento per la Valle dei Templi e via così, tutti siti fuori e di parecchio dai centri urbani).
Perché non proviamo a vivere ciò che abbiamo in prossimità anche con altri occhi? Ci siamo stati da bambini, altre scoperte poi, rivederlo alla luce di nuove narrazioni e anche con allestimenti coerenti con il quotidiano e magari con il magazzino che mostra il meglio di sé. E invece la restituzione di un pezzo di strada alla città: ma quella nessuno si è mai sognata di toglierla alla Comunità tutta, anzi è stata preservata e valorizzata.
Qualche giorno addietro sono andato su una pagina governativa ovvero https://artbonus.gov.it/concorso/2025/ per chi avrà voglia si legga cosa sia questo strumento prezioso che da qualche anno è legge dello Stato, dove si incentiva il privato - che sia persona o società - a mettersi al servizio per il recupero di un bene culturale e lo sto narrando per vie brevi: bene, se andate in Sicilia e poi alle province vi accorgerete che la nostra, quella di Trapani non c’è per questa call.
A voi pare normale?
Altrove, ma anche nella stessa nostra Isola, si fa e ci si mette a servizio della causa pubblica ovvero la parte privata della Comunità si fa dante causa con risorse proprie per il benessere collettivo. Noi rivogliamo la via breve per andare dove? Per farne cosa?
Se abbiamo a cuore il nostro presente, proviamo a costruire il futuro guardando al passato, ma non con nostalgia anzi in chiave critica per andare oltre: usiamo il passato con una rampa di lancio per portare al di qua il meglio per delineare ciò che saremo.
Il Parco Archeologico di Lilibeo è di tutti, va valorizzato e reso fruibile in molti modi e nel rispetto della sua essenzialità ovvero ricordarci oggi cosa eravamo, e cosa riusciremo a consegnare alle future generazioni.
Un’ultima fotografia: 2019 concerto di Giovanni Sollima sulla Plateia Aelia lui e il suo violoncello e si emozionò perché ricordava altro, diede le spalle al pubblico per qualche istante e si inchinò a tanta bellezza.
Giuseppe Prode