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02/04/2025 06:00:00

Pizzolungo, una strage italiana /3. Il mistero, i processi, la memoria, le iniziative

Oggi è il 2 Aprile 2025 e 40 anni fa avveniva a Pizzolungo la Strage più misteriosa d'Italia. Oggi su Tp24 concludiamo il racconto di Pizzolungo.  Lo facciamo, ricostreindo la vicenda giudiziaria che ha visto ben quattro processi e soprattuto con le parole, le riflessioni e il punto di vista del Procuratore della Repubblica di Trapani Gabriele Paci e con quelle del coordinatore provinciale di Libera Salvatore Inguì.

La strage più misteriosa

"La Strage di Pizzolungo è la più misteriosa tra le stragi italiane e quella di cui si parla meno. La storia del dopoguerra è costellata di numerosi misteri rimasti insoluti. Nonostante le indagini svolte e le condanne emesse, tra le stragi compiute da Cosa Nostra, questa rimane la più enigmatica".
Così il Procuratore della Repubblica di Trapani, Gabriele Paci, definisce la strage di Pizzolungo. Pubblico ministero a Caltanissetta nei processi ai mandanti delle stragi del 1992 e 1993, Paci riflette profondamente su quanto accaduto a Pizzolungo e sulle indagini condotte da Carlo Palermo, che si intrecciano con quelle svolte a Trento e con la pista della droga.

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<p> Quando, anni dopo, alcuni personaggi di alto calibro mafioso iniziano a collaborare, parlano solo di piccoli frammenti di verità. Tutti coloro che hanno collaborato sulla strage di Pizzolungo sapevano poco o nulla, se non per sentito dire, non avendo partecipato né alla fase ideativa né a quella esecutiva.
Tuttavia, quei frammenti hanno permesso di costruire il processo che ha portato all'individuazione delle responsabilità di Totò Riina e di Mariano Agate, allora capo mandamento del territorio, nonché di Nino Madonia. È emersa così la partecipazione di importanti esponenti mafiosi palermitani, tra cui lo stesso Madonia e Vincenzo Galatolo".


"Dobbiamo ricordare sempre una cosa su Pizzolungo: Carlo Palermo vive a Bonagia, in un luogo totalmente isolato, e la sera porta a spasso i cani. Quella è una zona che, fino ad aprile, maggio o giugno, rimane deserta; non c'è nessuno. Una delle poche cose che sappiamo su Pizzolungo è che i mafiosi effettuavano appostamenti e verificavano che Carlo Palermo fosse un obiettivo facile da colpire dal punto di vista "militare". Non c'erano telefonini, telecamere, né impianti di allarme o sorveglianza. Per la mafia, dunque, sarebbe stato semplicissimo andare lì e sparargli: se ne sarebbero accorti solo il giorno dopo, perché non c'era vigilanza. Lo lasciavano lì la sera e lo avrebbero ritrovato la mattina, senza che nessuno si accorgesse di nulla. Il fatto di aver voluto forzare la mano e compiere un atto eclatante è evidente che è stato un atto dimostrativo”.

Paci: "Il dovere della memoria. Pizzolungo non è una strage avvenuta per errore..."

"Abbiamo il dovere di coltivare la memoria. Spesso, come è esperienza comune, quando ci si allontana da certi fatti, tutto diventa più sfumato, ed è più difficile mantenerne la lucidità e la presenza. Abbiamo il dovere di stimolarla.
Io, per esempio, quando sento parlare di Pizzolungo, c’è un piccolo particolare che mi dà fastidio: sentire parlare di errore. Hanno sbagliato fino a un certo punto, nel senso che chi ha premuto il pulsante ha visto chiaramente che tra l'autobomba e la macchina di Carlo Palermo c’era un’altra macchina. Chi ha attivato il detonatore era consapevole che la deflagrazione avrebbe ucciso tanto gli occupanti della prima quanto quelli della seconda macchina.
Quindi, attenzione a dire: “È stato un errore di esecuzione.” Sì, è stato un errore di esecuzione, ma loro sapevano che, nel momento in cui premevano il telecomando, avrebbero ucciso anche persone che non c’entravano nulla con i loro obiettivi.
Questa è una cosa che bisogna ricordare. Dobbiamo ribadirlo sempre: i mafiosi sono stati e sono gente che ha massacrato e ucciso, anche bambini, consapevolmente. Per loro, raggiungere il proprio obiettivo significava annientare ogni altro valore, senza alcun freno morale".

Quattro processi, cinque condannati come mandanti. Assolti gli esecutori materiali

La strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985 ha dato origine a una lunga e complessa vicenda giudiziaria, articolata in quattro distinti processi e caratterizzata da ribaltamenti di sentenze e nuove scoperte investigative. Inizialmente, le indagini si concentrarono sugli esecutori materiali dell’attentato, individuati tra le cosche mafiose di Alcamo e Castellammare del Golfo. Nel primo processo, Vincenzo Milazzo, Filippo Melodia e Gioacchino Calabrò furono condannati all’ergastolo in primo grado per il loro coinvolgimento nella preparazione e nell’esecuzione dell’attentato. Tuttavia, la Corte d'Appello di Caltanissetta ribaltò la sentenza nel 1990, assolvendo gli imputati per insufficienza di prove, e nel 1991 la Cassazione confermò le assoluzioni. Il giudice Corrado Carnevale, che presiedeva la sezione della Cassazione, annullò definitivamente le condanne, un episodio che in seguito contribuì alle accuse di collusione con la mafia rivolte allo stesso Carnevale, il quale tuttavia venne poi assolto da tali imputazioni.

Nei successivi anni, nuove rivelazioni di collaboratori di giustizia riaprirono il caso, portando a un secondo processo che si concentrò sui mandanti dell’attentato. Dichiarazioni di pentiti come Francesco Di Carlo, Pietro Scavuzzo, Giovan Battista Ferrante, Francesco Milazzo e Giovanni Brusca permisero di individuare i vertici di Cosa Nostra come responsabili dell’ordine di uccidere il giudice Carlo Palermo, vero obiettivo dell’attentato. Nel 2002, al termine di un lungo iter processuale, i boss Salvatore Riina e Vincenzo Virga vennero condannati all’ergastolo come mandanti della strage. Nel 2004 la stessa pena fu inflitta a Baldassare Di Maggio, il quale, su ordine di Riina, aveva trasportato l’esplosivo Brixia B5 a Trapani, utilizzato poi nell’autobomba. Antonino Madonia, inizialmente assolto, venne in seguito condannato in appello, riconosciuto colpevole di aver fornito supporto logistico e di aver collaborato con i mafiosi trapanesi nella preparazione dell’attentato. Il processo confermò anche che Vincenzo Milazzo, Gioacchino Calabrò e Filippo Melodia erano stati effettivamente gli esecutori materiali della strage, ma, essendo stati assolti irrevocabilmente nel primo processo, non poterono più essere giudicati.

Nel 2019, dopo oltre trent’anni dai fatti, si aprì un quarto processo presso il Tribunale di Caltanissetta, questa volta nei confronti di Vincenzo Galatolo, ex boss della famiglia mafiosa dell’Acquasanta. Le accuse a suo carico provenivano dalla figlia Giovanna Galatolo, divenuta testimone di giustizia, che rivelò il ruolo del padre come mandante della strage. Il processo si svolse con rito abbreviato e nel 2020 Vincenzo Galatolo fu condannato a trent’anni di reclusione. La sentenza venne successivamente confermata in appello nel 2022 e resa definitiva dalla Corte di Cassazione nel 2023.
Attraverso quattro processi distinti, la giustizia ha ricostruito le responsabilità dietro la strage di Pizzolungo, portando alla condanna definitiva di cinque mafiosi, tra cui i capi di Cosa Nostra, e dimostrando ancora una volta la complessità e la difficoltà nel contrastare il fenomeno mafioso attraverso le vie giudiziarie.

Il valore della memoria, l'impegno di Libera e le iniziative di oggi

Ricordare oggi la tragedia di Pizzolungo significa non solo onorare la memoria di Barbara, Giuseppe e Salvatore, ma anche rinnovare l'impegno collettivo nella lotta contro la mafia e nella costruzione di una società più giusta.​ In occasione del 40° anniversario della strage, il Comune di Erice e l'associazione Libera, fondata da Don Luigi Ciotti, come sempre hanno organizzato le iniziative sotto il titolo "Non Ti Scordar di Me". Queste manifestazioni, coordinate a livello provinciale da Salvatore Inguì, mirano a mantenere viva la memoria delle vittime e a sensibilizzare la cittadinanza sull'importanza dell'impegno civile contro la criminalità organizzata. E proprio Trapani ha ospitato la 30ª Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Migliaia di persone, tra cui numerosi giovani e studenti, hanno partecipato a un corteo per le vie della città, culminato in Piazza Vittorio Emanuele con la lettura dei nomi delle vittime. Don Ciotti, durante il suo intervento, ha evidenziato che "l'80% dei familiari delle vittime di mafia non ha ancora avuto verità e senza verità non si può avere giustizia". ​ L'impegno di Libera nel territorio trapanese si manifesta attraverso attività educative, culturali e di sensibilizzazione, volte a promuovere una cultura della legalità e della responsabilità collettiva. La memoria della strage di Pizzolungo diventa così un monito costante e un incentivo per le nuove generazioni a non abbassare la guardia di fronte alle ingiustizie, contribuendo attivamente alla costruzione di una società libera dalle mafie.

STUDIO VIRA | 2025-04-09 10:50:00
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