De-con-Testo: il nuovo gioco da tavolo per chi non ha studiato ma governa il Paese
di Katia Regina - Ha cominciato lei e ora se ne deve assumere la responsabilità, sì perché se tutto può essere messo in discussione: trattati, manifesti, accordi firmati e persino i numeri e le statistiche, allora che si aprano le danze e ciascuno cominci con il proprio sproloquio personale su ogni singola cosa finora ritenuta esemplare. È partito il nuovo gioco da tavolo tutto italiano: De-con-Testo. Una sola regola: estrapola e decontestualizza brevi estratti e usali come proiettili contro il nemico. E siccome adoro i giochi da tavolo, inauguro il gioco con un altro testo considerato sacro:
Il canto degli italiani di Goffredo Mameli
L'Inno di Mameli? Non so se questa è la vostra Italia, ma certamente non è la mia!
Non mi appassiona quel concentrato di patriottismo d'antan che ci dovrebbe far sentire tutti eroi. Fratelli d'Italia, tuona l'incipit, e si comincia proprio male; oggi il nome di un partito che ha pensato bene di scippare le prime parole di un inno che dovrebbe invece rappresentare tutti. E le sorelle? Zitte e a casa, a preparare la cena per i prodi combattenti? Perché, diciamocelo, in un'epoca di gender fluidity e pronomi neutri, un inno che esclude metà della popolazione fa un po' ridere.
Tralascio la parte che decanta la vittoria di Scipione l'Africano contro Annibale, nessuno potrebbe avanzare ipotesi su come sarebbero andate le cose, specie per il Sud Italia, se fossimo rimasti sotto il dominio cartaginese, notoriamente meno propensi a fare le guerre e più interessati ai loro commerci.
E quindi, tutta 'sta fissa per la guerra. Stringiamoci a coorte, ci intima il Mameli. Coorte, anche questo scippato durante il ventennio fascista in uso nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. È storicamente acclarato che il regime fascista, nel suo tentativo di creare un'identità nazionale basata sull'esaltazione della forza e della grandezza dell'Italia, utilizzò simboli e linguaggi del Risorgimento, incluso l'Inno di Mameli. Ma oggi, tutto questo stringersi a coorte ha ancora senso? Un paese che litiga più di certe coppie al supermercato, con il Nord che vorrebbe staccarsi dal Sud e il Sud che maledice il Nord. Trovateli voi 'sti figli del Sud e del Nord pronti a sacrificarsi per la Patria!
E la schiava di Roma? Cioè, seriamente? In un'epoca di politicamente corretto, dove ci scusiamo pure con le piante se le calpestiamo, cantiamo di schiavitù? Qui non si tratta di ideologia woke, ma è ormai fin troppo evidente che il dominio mondiale è in mano a maschi_bianchi_eterosessuali contrari a considerare una visione più inclusiva e pluralista della società.
E il gran finale: siam pronti alla morte. Pronti chi? Io, per esempio, ho appena risolto, forse, il problema dell'infiltrazione nel tetto, poi dovrei sistemare la terrazza prima dell'estate... un attimo, parliamone. E poi, diciamocelo, chi sacrificherebbe la propria vita per un paese che non riesce nemmeno a riparare le buche delle strade?
Ecco dunque le mie argomentazioni, l'arringa contro qualcosa che è stato scritto settantacinque anni prima dell'avvento del fascismo, usato per attaccare il fascismo. È chiaro che alcuni passaggi si sono prestati bene a strumentalizzazioni se decontestualizzati. E allora, che facciamo? A me non piace quell'inno, trovo che sia paragonabile alla sensazione di imbarazzo che si può provare durante il matrimonio di un familiare, avete presente l'immancabile zio che si ubriaca? Ecco, nonostante la voglia di nascondersi sotto il tavolo per la vergogna, tutto sommato gli vogliamo bene.
Consigli per la lettura per smontare tutte le mie congetture: L'Italia s'è desta. L'inno di Mameli: un canto di pace, di Massimo Castoldi un libro che analizza l'inno in un contesto storico preciso.
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