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26/03/2025 08:15:00

Cinque assoluzioni per la bancarotta fraudolenta della "Mediterranea" di Mazara

Il pm Maria Milia aveva invocato cinque condanne, ma il Tribunale di Marsala (presidente del collegio Vito Marcello Saladino, giudici a latere Chiara Vicini e Francesco Paolo Pizzo) ha deciso diversamente, assolvendo dall’accusa di bancarotta fraudolenta documentale, con la formula “perché il fatto non sussiste”, i fratelli Giovanni e Carmelo Savalle, di 59 e 57 anni, castelvetranesi, commercialisti e imprenditori nel settore alberghiero, nonché Domenico Pisciotta, di 55, Gaspare Morello, di 64, entrambi mazaresi, e Alberto Giovanni Agosta, di 80, nativo di Comerio (Va) ma residente a Segrate (Mi).

Tutti gli imputati sono stati amministratori in varie epoche della fallita “Mediterranea spa”, che a Mazara operava nel settore degli alberghi di lusso. Secondo l’accusa, i cinque avrebbero tenuto i libri e le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari, non rappresentando così “in modo veritiero e corretto la condizione di impotenza patrimoniale e finanziaria in cui la società versava”. Occultando, in tal modo, lo “stato di decozione dell’impresa (divenuta irreversibile dal 2008)”. Il Tribunale di Marsala ne dichiarò il fallimento nel dicembre 2012.

Per Giovanni Savalle, presidente del cda di “Mediterranea” fino al 15 dicembre 2009, e per Carmelo Savalle, prima amministratore delegato e poi amministratore unico della stessa società, il pm aveva chiesto 4 anni e mezzo di carcere. Per Morello, Pisciotta e Agosta, invece, 3 anni e mezzo. A difendere i fratelli Savalle è stato l’avvocato Antonino Carmicio (Giovanni Savalle insieme al collega Matteo Faggioli e Carmelo con Bartolomeo Romano), mentre Morello, Pisciotta e Agosta sono stati difesi dall’avvocato Paolo Paladino.

Carmelo Savalle, intanto, è attualmente in carcere in quanto, nel luglio 2023, la Cassazione rese definitiva la sua condanna a sei per bancarotta fraudolenta. A Giovanni Savalle, invece, nell’estate 2018 venne sequestrato un patrimonio valutato in circa 63 milioni di euro per il sospetto che tutta quella ricchezza (22 complessi aziendali, 12 pacchetti di partecipazione al capitale di altrettante società, 28 rapporti bancari, 47 fabbricati, 8 autoveicoli e l'ex “Kempinski”, albergo e ristorante di lusso, poi “Giardino di Costanza”) fosse stata accumulata grazie alla vicinanza con il boss mafioso Matteo Messina Denaro. Accuse, poi, cadute quando la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani affermò che “gli elementi probatori forniti (dal Pm ndr) non dimostrano una diretta partecipazione del proposto con appartenenti a cosa nostra, presentando soltanto dati irrilevanti ai fini della formulazione, a carico di Savalle Giovanni, di un giudizio di intraneita' o 'vicinanza' ad ambienti mafiosi”.

Per bancarotta “impropria”, invece, il 14 febbraio 2024 la Cassazione ha posto il definitivo sigillo sulla condanna ad un anno, nove mesi e 15 giorni di reclusione per la 54enne mazarese Valentina Norrito, moglie di Giovanni Savalle. La Norrito era stata condannata dal Tribunale di Marsala il 25 maggio 2021. Una sentenza poi riformata dalla Corte d’appello di Palermo il 5 ottobre 2022 e infine confermata dalla Cassazione poco più di un anno fa. Valentina Norrito è stata ritenuta colpevole di avere dolosamente causato il fallimento, nella qualità di legale rappresentante, dal 15 gennaio 2010 al 02 settembre 2011, della società cooperativa "Giardino di Costanza" dichiarata fallita con sentenza del 22 aprile 2015.