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25/03/2025 00:00:00

Scuola, l'anno prossimo nel Paese 134mila studenti in meno

Il sistema scolastico italiano si trova di fronte a una sfida di grande portata: la progressiva riduzione del numero di studenti, un fenomeno strettamente legato alla crisi demografica del Paese. Le ripercussioni di questo trend sono molteplici e incidono direttamente sulla pianificazione delle risorse, sugli organici e sull'organizzazione complessiva dell'istruzione.

Diminuzione prevista per il 2025/26

Le proiezioni demografiche indicano che nell'anno scolastico 2025/26 il numero complessivo degli studenti scenderà di oltre 134mila unità, portando il totale della popolazione scolastica sotto i 6,8 milioni. Se questa tendenza si confermerà nei prossimi anni, il numero degli alunni potrebbe ridursi ulteriormente, avvicinandosi alla soglia dei 6 milioni entro il prossimo decennio.

Andamento negli ultimi anni

L'analisi dei dati ministeriali mostra che tra il 2015/16 e il 2022/23 la scuola primaria ha perso oltre 300mila iscritti, mentre la scuola secondaria di primo grado ha registrato una contrazione di circa 74mila studenti. L’unico segmento con un lieve aumento è quello della scuola secondaria di secondo grado, che nello stesso periodo ha visto una crescita di poco meno di 6mila alunni.

Distribuzione del calo nei diversi ordini scolastici

Il fenomeno ha colpito in modo più marcato la scuola primaria, che è passata da oltre 2,5 milioni di iscritti nel 2015/16 a circa 2,26 milioni nel 2022/23. Analogamente, la scuola secondaria di primo grado ha registrato un calo da circa 1,63 milioni a poco più di 1,55 milioni di studenti. L’incremento nella scuola secondaria di secondo grado non è sufficiente a bilanciare il calo generale.

Impatto sul personale scolastico e prospettive future

Se il trend demografico attuale proseguirà, entro il 2035 il sistema scolastico potrebbe perdere fino a 1,5 milioni di studenti, con una conseguente riduzione di circa 130mila cattedre. Questa situazione non è un fenomeno passeggero, ma il riflesso di un calo strutturale delle nascite che caratterizza il Paese da oltre un decennio.

Disparità territoriali nel declino demografico

L'impatto della denatalità non è omogeneo in tutto il Paese: le regioni del Sud e le Isole sono le più colpite. Nel solo 2023, queste aree hanno registrato una perdita di 73.800 abitanti, un dato che riflette la combinazione tra bassi tassi di natalità ed emigrazione giovanile. Le conseguenze si fanno sentire direttamente sulla rete scolastica locale, con ridimensionamenti e accorpamenti di istituti.

L’Italia nel contesto europeo

A livello continentale, il calo delle nascite è un fenomeno diffuso, ma in Italia assume contorni ancora più critici. Nel 2023, nell'Unione Europea sono nati 3,67 milioni di bambini, segnando un calo del 5,4% rispetto all'anno precedente. L'Italia si distingue per uno dei tassi di fecondità più bassi (1,24 figli per donna) e per un'età media al primo parto tra le più alte d’Europa (31,8 anni). Un elemento interessante è la crescita della percentuale di figli nati da madri straniere, che rappresentano il 23% delle nascite nel Paese, un dato ancora inferiore rispetto ad altre nazioni UE. La progressiva riduzione del numero di studenti impone una riflessione approfondita sulle strategie future del sistema scolastico italiano.