Quantcast
×
 
 
23/03/2025 22:10:00

Dall'abominio razzista alla libertà democratica: il contrasto tra il Manifesto della razza e quello di Ventotene

Molti nostalgici preferiscono il Manifesto della razza a quello di Ventotene, ma fortunatamente la storia ha seguito un altro corso. Il decalogo della dittatura fascista fu presentato in questi termini: "Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio 1938, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista."

LE RAZZE UMANE ESISTONO. L'esistenza delle razze umane non è un'astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti, di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici, ereditati e trasmessi di generazione in generazione. Dire che esistono le razze umane non significa a priori che esistano razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.

ESISTE ORMAI UNA PURA "RAZZA ITALIANA". Questo enunciato non si basa sulla confusione tra il concetto biologico di razza e il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione, ma sulla presunta purezza di sangue che unisce gli italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è stata considerata il più grande titolo di nobiltà della nazione italiana. Inoltre, il decalogo affermava: "LA POPOLAZIONE DELL'ITALIA ATTUALE È NELLA MAGGIORANZA DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTÀ È ARIANA" e ancora: "È TEMPO CHE GLI ITALIANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE RAZZISTI." La questione del razzismo in Italia, secondo tale manifesto, doveva essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia doveva essere essenzialmente italiana e orientata verso un indirizzo ariano-nordico.

A tal proposito, Spinelli, Rossi e Colorni, autori del Manifesto di Ventotene, affermavano: "Quantunque nessuno sappia che cosa sia una razza e le più elementari nozioni storiche ne facciano risultare l’assurdità, si esige dai fisiologi di credere, dimostrare e convincere che si appartiene a una razza eletta, solo perché l’imperialismo ha bisogno di questo mito per esaltare nelle masse l’odio e l’orgoglio."

Un passaggio ritenuto saliente dalla Meloni è il seguente: "Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non devono essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente." Tuttavia, il concetto prosegue così: "La pietosa impotenza dei democratici nella rivoluzione russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi. In tali situazioni, caduto il vecchio apparato statale, con le sue leggi e la sua amministrazione, emergono immediatamente, con sembianze di vecchia legalità o sprezzandola, una quantità di assemblee e rappresentanze popolari in cui convergono e si agitano tutte le forze sociali progressiste. Il popolo ha sì alcuni fondamentali bisogni da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano alle sue orecchie. Con i suoi milioni di teste non riesce a orientarsi e si disgrega in una quantità di tendenze in lotta fra loro. Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni. Pensano che il loro dovere sia formare quel consenso e si presentano come predicatori esortanti, laddove occorrono capi che guidino sapendo dove arrivare. Perdono le occasioni favorevoli al consolidamento del nuovo regime, cercando di far funzionare subito organi che presuppongono una lunga preparazione e sono adatti ai periodi di relativa tranquillità; danno ai loro avversari armi di cui questi poi si valgono per rovesciarli; rappresentano insomma, nelle loro mille tendenze, non già la volontà di rinnovamento, ma le confuse velleità regnanti in tutte le menti, che, paralizzandosi a vicenda, preparano il terreno propizio allo sviluppo della reazione. La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria. Man mano che i democratici logorassero nelle loro logomachie la loro prima popolarità di assertori della libertà, mancando ogni seria rivoluzione politica e sociale, si andrebbero immancabilmente ricostituendo le istituzioni politiche pre-totalitarie, e la lotta tornerebbe a svilupparsi secondo i vecchi schemi della contrapposizione delle classi."

Nella sua interezza, il concetto espresso era preveggente sulle diverse anime rivoluzionarie: "laddove - invece - occorrono capi che guidino sapendo dove arrivare." La storia ci ha consegnato, dopo la sconfitta del nazifascismo e grazie alla Resistenza, il Comitato di Liberazione Nazionale, e una possibile chiave di lettura del testo potrebbe essere la seguente: il CLN era composto da Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano, Partito d'Azione, Partito Democratico del Lavoro, Partito Liberale Italiano e Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, che, oltre ad avere un "tumultuare di passioni" con il referendum tra Repubblica e Monarchia, ebbe anche "dietro di sé uno spontaneo consenso popolare", che permise l'elezione dell'Assemblea Costituente e la creazione della Costituzione, ancora oggi il faro che guida il funzionamento delle istituzioni.

Probabilmente è una forzatura ricollegare il Manifesto di Ventotene, redatto nelle prigioni fasciste e che alla fine del conflitto aveva tre stesure, con gli autori che rivisitarono alcune posizioni. Colorni, uno degli autori, fu assassinato dalla famigerata banda Koch. Tuttavia, il punto di vista espresso nel Manifesto della razza sulla "razza" è inequivocabile e del tutto opposto a quello del Manifesto di Ventotene.

Vittorio Alfieri