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21/03/2025 17:00:00

L'Europa e la strumentalizzazione del Manifesto di Ventotene

 La strumentalizzazione del Manifesto di Ventotene? No, grazie. Non se ne sentiva il bisogno. La presidente del Consiglio dei ministri italiano, nel riferire alla Camera dei deputati in vista del Consiglio europeo del 20-21 marzo, nel suo intervento in relazione alla manifestazione "Una piazza per l'Europa" — organizzata il 15 marzo dal giornalista e scrittore Michele Serra, in cui si è offerto il saggio Manifesto di Ventotene — ha citato alcune idee espresse dagli autori Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Il documento fu scritto nel 1941, quando gli autori erano stati confinati nell'isola dell'arcipelago ponziano dal regime fascista, mentre nel vecchio continente imperversavano le dittature nazifasciste di Adolf Hitler, Benito Mussolini, Philippe Pétain, Francisco Franco, Vidkun Quisling, Arthur Seyss-Inquart e Georgios Tsolakoglu.

Che Giorgia Meloni, fondatrice di un partito d’ispirazione nazionalista e conservatore, esponga senza equivoci il proprio dissenso dal testo — un documento politico di forte impianto federalista e socialista, diretto in primo luogo contro gli Stati nazionali — non stupisce. È nell’ordine naturale dei fatti. Tuttavia, non si può non tener conto del contesto storico e riportare solo ciò che è funzionale alla propria narrazione. La premier ha sottolineato che il Partito rivoluzionario voleva, attraverso la dittatura proletaria, realizzare la sua idea d'Europa dopo la sconfitta del nazifascismo e delle forze reazionarie, sintetizzando le anime progressiste esistenti. Ma ha omesso di ricordare che lo stesso Spinelli aveva denunciato come "la dittatura del proletariato si era trasformata in dittatura del partito, poi del Comitato centrale, poi personale di Stalin".

Quella prima formulazione del Manifesto fu ridiscussa e corretta dai suoi stessi estensori, in primo luogo da Spinelli, che ne riconobbe l’errore di prospettiva. Con la seconda stesura si indicò la necessità di creare un movimento trasversale tra le diverse forze antifasciste, capace di riunire tutti coloro che condividevano l’obiettivo di "un’Europa libera e unita". Spinelli lo fece nel 1943, quando, insieme a Rossi, fondò il Movimento Federalista Europeo.

Un'altra omissione significativa riguarda Eugenio Colorni: fuggito dalla prigionia nel 1943, l'anno successivo, nella Roma occupata dai nazisti, curò l'introduzione e la pubblicazione clandestina del Manifesto, documento fondamentale per lo sviluppo dell'idea federalista europea. Fu assassinato nel 1944 dalla famigerata banda Koch. Problemi della Federazione Europea, contenente il Manifesto, era giunto alla terza stesura e manteneva una chiara impronta socialista. Sul tema della proprietà privata, citato dalla Meloni, suggeriva un approccio pragmatico: abolirla, limitarla o estenderla a seconda delle necessità economiche.

Alla presidente del Consiglio si rammenta l'articolo 42 della Costituzione, sulla quale ha giurato: ai commi 2 e 3 stabilisce che la proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale. La legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

Il Manifesto di Ventotene non è un dogma intoccabile; non si è giurato "fedeltà su ogni sillaba", come riconosceva lo stesso Spinelli nelle sue memorie, ammettendone limiti e ingenuità. Esso fu un punto di partenza in divenire che, nell'arco di ottantaquattro anni, ha ispirato e condotto all'attuale Unione Europea.

Vittorio Alfieri