Ancora morti nel Mediterraneo.
Ma per loro non ci sarà nessuna piazza convocata, nessuna manifestazione. Per loro nessuno chiederà all'Europa di decidere da che parte stare.
Un’altra tragedia si è consumata nel Mediterraneo, al largo di Lampedusa, dove almeno sei corpi senza vita sono stati recuperati in mare e 40 persone risultano disperse. L’ennesimo dramma che si consuma lungo le rotte della disperazione, un altro naufragio che allunga la lunga scia di morti che solcano il Canale di Sicilia. E, ancora una volta, il dibattito si infiamma: si poteva fare qualcosa per evitarlo?
Una traversata verso la morte
Secondo le prime ricostruzioni, il barcone sovraccarico di migranti sarebbe affondato nella notte tra il 19 e il 20 marzo a poche miglia da Lampedusa. Le condizioni del mare erano proibitive e, nonostante i disperati tentativi di lanciare richieste d’aiuto, i soccorsi sono arrivati troppo tardi. La Guardia Costiera è riuscita a trarre in salvo alcuni superstiti, mentre il numero dei dispersi continua a rendere questa strage ancora più dolorosa. Le ricerche sono in corso, ma le speranze di trovare altre persone vive si affievoliscono di ora in ora.
Silenzio e accuse: la politica e il nodo delle omissioni di soccorso
A denunciare il dramma sono le principali organizzazioni umanitarie e le testate giornalistiche nazionali, mentre dal governo tutto tace. Come riportato dai giornali, non c'è stata una reazione immediata né dichiarazioni ufficiali da parte delle istituzioni italiane. L’accusa che si fa sempre più insistente è quella di omissione di soccorso: c’è chi sostiene che le autorità avrebbero potuto intervenire prima per salvare più vite.
Il quotidiano Il Manifesto titola duramente: “Quasi 50 morti vicino all’isola di Lampedusa. Ma il governo tace”, mentre L’Unità si interroga se si tratti di “ennesima omissione di soccorso”. Anche Avvenire parla di "altro allarme dispersi”, segnalando come la tragedia fosse prevedibile e che si sia trattato di un intervento tardivo.
Le testimonianze: "Erano allo stremo, ma nessuno li ha salvati"
I superstiti parlano di una traversata infernale. Speravano di essere soccorsi prima, ma nessuno è arrivato in tempo. Raccontano di compagni di viaggio trascinati via dalle onde, di bambini che piangevano fino a quando il mare non li ha inghiottiti. Una scena che si ripete ormai da anni, in un drammatico e macabro copia e incolla di naufragi che sembrano non scuotere più nessuno.
Uno dei sopravvissuti ha dichiarato ai volontari delle ONG: “Abbiamo aspettato aiuto per ore. Il mare era troppo alto. Poi la barca si è rovesciata e non ho visto più nessuno”.
La rotta del Mediterraneo: un cimitero a cielo aperto
Il Mediterraneo è ormai la rotta migratoria più mortale al mondo. Secondo l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, nel solo 2024 più di 3.000 persone sono morte o scomparse cercando di raggiungere l’Europa. Lampedusa continua a essere il punto più critico di questi viaggi disperati, con centinaia di arrivi ogni giorno, in una gestione dell’emergenza che non trova mai soluzioni definitive.
Chi sono le vittime di questa ennesima strage?
Molti dei migranti partiti dall'Africa sub-sahariana speravano in una vita migliore. Donne, uomini, bambini che scappano da guerre, persecuzioni, miseria estrema. I loro sogni e le loro vite sono stati spezzati a poche miglia dalla terra promessa.
Il dito puntato contro tutti noi
Di fronte a queste tragedie, la reazione collettiva sembra sempre più assuefatta. Un dramma che passa in sordina, una normalizzazione dell’orrore che dovrebbe farci riflettere. Il Mediterraneo è diventato un cimitero invisibile, e ogni naufragio che non riesce più a scuotere le coscienze è un’accusa diretta a tutti noi.
Intanto, mentre a Lampedusa si contano i morti, il dibattito politico si perde nelle solite sterili polemiche. Quante altre vite dovranno spegnersi tra le onde prima che si decida di agire davvero?