E’ stato l’avvocato Gioacchino Sbacchi a concludere la fase difensiva nel processo che davanti il Tribunale di Marsala (presidente del collegio: Vito Marcello Saladino) vede imputato Alfonso Tumbarello, 72 anni, ex medico di base di Campobello di Mazara accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso in atti pubblici per avere redatto numerosi certificati medici a nome di “Bonafede Andrea”, classe ’63, per consentire al boss Matteo Messina Denaro, deceduto a L’Aquila il 25 settembre 2023, di potersi curare. “Il dottor Tumbarello – ha detto Sbacchi - è stato ingannato dai due Andrea Bonafede”. Per Tumbarello, il pm della Dda Gianluca De Leo ha chiesto la condanna a 18 anni di carcere.
Ma per l’avvocato Sbacchi (l’altro difensore è Giuseppe Pantaleo) il medico non sapeva che i suoi certificati servivano al boss allora latitante. Il legale ha, inoltre, contestato l’accusa principale mossa dalla di Dda di Palermo, affermando che il reato da imputare non doveva essere il concorso nell’associazione mafiosa, bensì il favoreggiamento personale a Messina Denaro. E che il falso non l’avrebbe commesso Tumbarello, ma Andrea Bonafede classe ’63. Aggiungendo:
“L’accusa è frutto di una suggestione. Nell’arco di due anni, il dottor Tumbarello non ha cancellato nulla dal suo telefono cellulare, né contatti, né messaggi scritti con Bonafede Andrea. Messina Denaro è stato assistito dai due Bonafede”.
Per questo ha chiesto l’assoluzione dell’imputato: “per non aver commesso il fatto” per il capo d’imputazione relativo al concorso in associazione mafiosa e “perché il fatto non costituisce reato” per il falso. La sentenza dovrebbe essere emessa il prossimo 7 maggio. Lo scorso 5 febbraio, l’altro difensore, Giuseppe Pantaleo, ha affermato: “Non c’è nessuna prova che il dottor Alfonso Tumbarello conoscesse la vera identità del paziente. Era convinto di curare Andrea Bonafede, non il boss latitante, come tanti altri medici ospedalieri e della clinica La Maddalena. In mano all’accusa solo ipotesi e indizi”.
E anche lui ha sottolineato che la buona fede del medico sarebbe dimostrata dal fatto di “conservare i messaggi sul suo telefonino”. E in proposito il
legale ha aggiunto: “Il dottor Tumbarello poteva dire: ‘basta, tutto quello che ho lo strappo, lo distruggo’. Poteva cancellare i messaggi sul telefonino. E invece ha conservato tutto. Non tocca una virgola. Si trovano pure vecchissimi messaggi whatsapp. E poi aveva tantissimi pazienti, non poteva conoscerli tutti. Contraddizioni, omissioni o cattivi ricordi non sono indizi di menzogna o di volere nascondere la verità perché si è responsabili di determinati fatti delittuosi”.