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19/03/2025 06:00:00

Così l'autista di Messina Denaro finanziava la latitanza del boss

 Uno chauffeur a disposizione del boss. Ma anche finanziatore della sua latitanza.

Giovanni Salvatore Luppino, l’uomo che il 16 gennaio 2023 accompagnò il boss Matteo Messina Denaro alla clinica "La Maddalena" di Palermo, dove fu arrestato dopo trent’anni di latitanza. oltre a essere l'autista del capomafia, era un imprenditore agricolo molto attivo nel settore della produzione di olio e, secondo le indagini della Guardia di Finanza, avrebbe avuto un ruolo chiave nel finanziamento della latitanza del boss. A Luppino e ai suoi familiari sono stati sequestrati beni per 3 milioni di euro. Gli investigatori hanno scoperto che i soldi al boss, da Luppino, arrivavano attraverso Laura Bonafede, l’amante di Messina Denaro.

Il sequestro dei beni
Il provvedimento di sequestro è stato disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Tra i beni sequestrati figurano due aziende agricole a Campobello di Mazara, sette immobili tra Campobello e Castelvetrano, tre conti bancari e un’automobile, per un valore complessivo di tre milioni di euro.
"Le indagini – spiegano le Fiamme Gialle – sono state finalizzate a ricostruire il profilo patrimoniale di Luppino e della sua famiglia, nonché a tracciare i possibili flussi di denaro destinati a sostenere la latitanza di Messina Denaro".

I soldi per il boss attraverso Laura Bonafede
Uno degli aspetti più rilevanti delle indagini riguarda una serie di bonifici e assegni indirizzati a Laura Bonafede, maestra e storica amante di Messina Denaro, già condannata per il suo ruolo di favoreggiamento. Tra il 2017 e il 2018, infatti, Antonino Luppino – figlio di Giovanni – avrebbe trasferito sui conti di Bonafede circa 81.623 euro, senza alcuna giustificazione contabile. Gli inquirenti sospettano che questi versamenti fossero destinati a coprire le spese della latitanza del boss.

 

I figli di Luppino: scorta e supporto logistico per Messina Denaro
Giovanni Luppino non era solo in questa rete di protezione al padrino. I suoi due figli, Antonino e Vincenzo, arrestati nei mesi scorsi, avrebbero avuto un ruolo attivo nel garantire la sicurezza degli spostamenti del boss. Secondo le analisi delle celle telefoniche, Luppino avrebbe accompagnato Messina Denaro in clinica almeno 50 volte in due anni.
Non solo: i figli avrebbero fornito supporto logistico e scortato il boss in occasione di interventi chirurgici per le metastasi. Inoltre, custodivano l’Alfa Romeo Giulietta del latitante, ritrovata dalla polizia in un'area di loro proprietà, e si sarebbero occupati persino della sua manutenzione

 


Il "cerchio magico" e il mistero di "Parmigiano"
Secondo gli inquirenti, Luppino e i suoi figli facevano parte di un "cerchio magico" di imprenditori e professionisti che garantivano denaro e coperture a Messina Denaro. Ma le indagini stanno portando alla luce anche altri nomi coinvolti nel sostegno al boss latitante.
Ma è mistero su "Parmigiano", un nome in codice apparso nei pizzini di Messina Denaro, sequestrati durante le perquisizioni. Il boss gli avrebbe scritto: "Ti mando una foto di vetture, dimmi quale preferisci". Un messaggio criptico che potrebbe rivelare nuovi dettagli su chi, dietro le quinte, ha fornito mezzi e risorse per la latitanza del capomafia. Gli investigatori stanno cercando di risalire alla vera identità di "Parmigiano": si tratta di un riferimento a un territorio, a una persona legata a Parma, o a un altro affiliato della rete mafiosa, qualcuno che ha a che fare con la produzione di latte e formaggi?

Luppino: "Non sapevo chi fosse"
Durante il processo, Giovanni Luppino ha sempre sostenuto di non aver mai conosciuto la vera identità di Messina Denaro, affermando che gli fosse stato presentato con il falso nome di Francesco Salsi. "Solo quando si è sentito male durante un viaggio verso Palermo – ha dichiarato – mi ha sussurrato di essere Messina Denaro".
Una versione che non convince la Procura, secondo cui Luppino e la sua famiglia facevano parte di una rete di imprenditori fedeli al boss, che per anni hanno garantito la sua latitanza con un sistema di finanziamenti occulti e protezione logistica.
Le indagini continuano per chiarire ulteriori dettagli sui movimenti economici e sulle coperture che hanno permesso a Messina Denaro di rimanere invisibile per decenni.