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12/02/2025 06:00:00

PNRR a rischio in Sicilia: speso solo il 13%. A Trapani il 10%

 A meno di due anni dalla scadenza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in Sicilia si procede a passo lento. Anzi, lentissimo. I numeri, messi a disposizione dal progetto Open Polis, mostrano ormai un dato evidente. Mentre a livello nazionale è stato speso il 30,5% delle risorse disponibili – che è comunque meno di un terzo dei fondi PNRR – nell’isola la percentuale scende drasticamente; solo il 13% dei soldi è stato effettivamente speso.

Insomma, anche in questo caso, l’Italia viaggia a due velocità. E la Sicilia resta sempre indietro. Una grossa percentuale dei progetti approvati non è ancora riuscita a spendere un euro, e su circa ventimila progetti finanziati in Sicilia, solo pochissimi hanno già speso l’importo per intero.

Ma quale settore, in Sicilia, ha saputo utilizzare meglio i fondi? Secondo i dati della piattaforma di monitoraggio OpenPNRR, la fetta più grande delle risorse spese finora è andata al settore Impresa e lavoro, dove il meccanismo del PNRR sembra funzionare meglio: qui il 54% dei pagamenti è già stato effettuato. È uno scarto netto rispetto agli altri settori, che registrano ben altri traguardi: (digitalizzazione 22%; scuola, università e ricerca 20%; cultura e turismo 9%; inclusione sociale 8%; infrastrutture 5%; transizione ecologica 5%; salute 12%).

In ogni caso la situazione è critica, e lo diventa ancora di più se guardiamo al dettaglio territoriale. Nella provincia di Trapani, per esempio, i fondi erogati sono appena il 10% di quell’1,4 miliardi di euro previsto. Anche qui in testa troviamo i progetti su impresa e lavoro (61% di soldi già spesi) mentre arranca tutto il resto. Colpisce il settore Infrastrutture, forse il più strategico per la provincia di Trapani, che al momento registra un bello 0% di finanziamenti utilizzati.

Percentuali come queste che evidenziano ancora di più il divario con il resto di Italia, le cui ragioni sono difficili da tracciare. Perché è della colpa della burocrazia, sì, ma anche di una mancanza di competenze specifiche che fatica a trasformare le risorse in cantieri e interventi concreti.

E intanto il tempo stringe. La scadenza, come sappiamo, è fissata per il 30 giugno 2026. Ma l’esito di questa storia sembra già di conoscerlo. Perché se dal 2022 a oggi è stato speso solo il 10% delle risorse nella provincia di Trapani (e il 13% nel resto della Sicilia), è quasi certo che una parte significativa di questi fondi andrà perduta. Un’occasione persa, l’ennesima, che rischia di lasciare la Sicilia esattamente dov’era: con le stesse carenze, gli stessi problemi e le cose irrisolte.

Daria Costanzo