La presidente del Consiglio dei ministri è indagata insieme al ministro della giustizia, degli interni e al sottosegretario della presidenza del Consiglio dei ministri e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, per la vicenda del torturatore libico Almasri. La Costituzione italiana all'articolo 112 stabilisce che: "Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale", la legge costituzionale nr. 1 del 16 gennaio 1989 che riguarda i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni il Presidente del consiglio dei ministri e i ministri all'articolo 6 recita: " Il procuratore della Repubblica, omessa ogni indagine, entro il termine di quindici giorni, trasmette con le sue richieste gli atti relativi al collegio di cui al successivo articolo 7, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati perché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati."
Quindi la Meloni non è stata raggiunta da nessun avviso di garanzia come da lei propagandato e il tribunale dei ministri -determinato dall'art. 7 della legge costituzionale nr. 1 del 16 gennaio 1989-ha 90 giorni dal ricevimento degli atti, compiute indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, potrà decidere se archiviare o meno. Qualora ritenesse che non si debba archiviare, chiede l'autorizzazione a procedere ai sensi dell'articolo 96 della costituzione alla camera d'appartenenza. Va da sé che se non accadrà uno tsunami parlamentare il placet non sarà rilasciato.
Emerge che la Presidente del Consiglio ha strumentalizzato la vicenda per delegittimare la magistratura. La trascrizione nel registro delle notizie di reato del Procuratore capo della Repubblica di Roma era un atto dovuto, perché la segnalazione non era palesemente infondata. Come direbbe Di Pietro: "ma che c'azzecca l'avviso di garanzia?".
Vittorio Alfieri