"Giustizia e verità per Biagio Lombardo", il giovane marsalese morto sulla strada statale 115
"Giustizia e verità per Biagio". Questo il messaggio lanciato dagli amici e dai genitori di Biagio Lombardo, il diciottenne marsalese la cui vita è stata tragicamente spezzata in un incidente stradale avvenuto sulla Statale 115, tra Marsala e Mazara del Vallo. Biagio è stato investito da un’auto guidata dal 25enne Giampiero Vitale, e da quel giorno la sua famiglia e i suoi amici non hanno mai smesso di chiedere giustizia.
Ieri mattina, davanti al Palazzo di Giustizia di Marsala, si è tenuta la seconda udienza davanti al giudice per le indagini preliminari Sara Quittino. Gli amici del giovane volontario della Croce Rossa, insieme ai genitori, hanno manifestato il loro dolore e la loro richiesta di giustizia.
Nel corso dell’udienza, il giudice ha rigettato la richiesta della difesa dell’imputato di procedere con un rito abbreviato condizionato all’escussione di un teste, un consulente dell’imputato che avrebbe dovuto sostenere che Biagio , al momento dell’incidente, stava spingendo il motorino a luci spente. Una tesi che è stata fortemente contestata dalla parte civile.
«Grazie alla consulenza che ho depositato – ha affermato l’avvocato Maurizio Gabrielli, difensore della famiglia Lombardo – per contestarne le risultanze con una serie di elementi oggettivi, il GIP non ha concesso questo rito abbreviato condizionato, con la conseguenza che non è più possibile introdurre nuovi elementi di prova per tentare di sminuire la responsabilità dell’imputato».
La prossima udienza, fissata per il 20 maggio, si svolgerà con la formula del rito abbreviato secco, basandosi sugli atti già acquisiti, che a questo punto sono considerati incontrovertibili. Tra questi, spiccano le risultanze della consulenza tecnica della procura, che ha attestato lo stato di ebbrezza e di alterazione psicofisica dell’imputato al momento dell’incidente, oltre alla totale responsabilità nell’investimento.
«Sono soddisfatto – ha concluso l’avvocato Gabrielli – perché mi sarebbe molto dispiaciuto dover discutere di una possibile responsabilità del ragazzo, perché non è giusto. Non ci sono solo i genitori e il loro dolore, ma c’è anche un’intera comunità coinvolta. Questo non è un principio di vendetta, ma tutt’altro: è un principio di giustizia».
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