M.C., trapanese di 59 anni, è finalmente ricoverata all'ospedale La Maddalena di Palermo, pronta per iniziare la chemioterapia. La sua storia, raccontata con coraggio e lucidità, è un esempio di come la burocrazia e le carenze del sistema sanitario possano trasformarsi in ostacoli insormontabili per chi lotta contro il tempo e la malattia.
Affetta da un tumore al colon in stadio avanzato, M.C. era rimasta bloccata in un limbo di incertezza a causa di un ritardo nell'ottenere i risultati di un esame del DNA, fondamentale per la definizione del protocollo terapeutico. L'esame, effettuato il 13 dicembre scorso all'Ospedale Cervello di Palermo, era rimasto in sospeso per la mancanza di un reagente. Un'assurda situazione che aveva generato rabbia e frustrazione nella donna, costretta a confrontarsi con l'avanzare della malattia mentre il tempo scorreva inesorabile.
"Sono un po' angosciata, ma capisco i tempi tecnici", racconta M.C., ripercorrendo le tappe del suo calvario. Tutto inizia a Trapani, con una serie di esami di routine dopo una colonscopia negativa cinque anni prima. "Non pensavo a un tumore", confessa, ma i sintomi - diarrea persistente e sangue occulto - la spingono a rivolgersi a un gastroenterologo. Inizia così un percorso diagnostico fatto di visite, analisi e attese, fino alla diagnosi di tumore al colon.
"Quando ho visto la situazione, sono andata subito alla Maddalena", spiega M.C., consapevole della necessità di affidarsi a un centro di eccellenza. La scelta si rivela azzeccata: tempi rapidi per colonscopia e risonanza, colloquio con il professore e definizione del piano terapeutico. Prima la chemio e la radio, poi l'intervento chirurgico.
Ma ecco l'imprevisto: un esame del DNA, cruciale per personalizzare la terapia, viene bloccato per la mancanza di un reagente. "Mi è stato detto che il reagente è stato ordinato, ma non è ancora arrivato. Nel frattempo, io aspetto. E il tumore no. Lui non aspetta. Lui avanza", aveva denunciato M.C. con amarezza.
Un'attesa snervante, aggravata dalle festività natalizie. "Mai ammalarsi durante le festività", commenta amaramente. Fortunatamente, la mobilitazione della stampa e l'attenzione mediatica hanno dato i loro frutti. L'esame è stato finalmente effettuato e M.C. può iniziare la chemio.
Ma la sua esperienza mette in luce anche un altro aspetto, spesso trascurato: il bisogno di supporto psicologico per chi affronta una malattia oncologica. "Nessuno mi ha proposto un supporto psicologico" dice M.C., evidenziando una carenza che il sistema sanitario dovrebbe colmare.
Una storia solleva interrogativi cruciali sul diritto alla salute e sull'efficienza del sistema sanitario. "Penso a chi non ha queste possibilità", riflette M.C., sottolineando le difficoltà di chi non può permettersi cure private o spostamenti in altre città. E lancia un appello: "Bisogna garantire a tutti la possibilità di curarsi vicino casa".
M.C., ricoverata alla Maddalena, racconta con sincerità le sue emozioni e riflessioni. "Sono catapultata in un mondo di dolore", confessa, descrivendo l'atmosfera dell'ospedale e l'incontro con altri pazienti. "Io sono qua, e neanche io faccio parte di questa umanità sofferente", un pensiero che la spinge a cercare conforto nel dialogo e nella condivisione con chi le sta accanto.
Nonostante la preoccupazione per la malattia e la lontananza dagli affetti, M.C. affronta la situazione con coraggio e pragmatismo. "Solo ora riesco a dire di avere un tumore", dice riferendosi al carcinoma, ma la consapevolezza della sua fragilità la spinge ad informarsi e a documentarsi, pur affidandosi ai medici.
Anche l'attesa per i risultati dell'esame genetico è stata un momento di ansia e incertezza. "L'attesa di sapere gli esiti di esami così importanti, ha fatto aumentare l'angoscia. Questa tensione era alimentata dal fatto che la Tac e gli esami oncologici erano buoni - racconta M.C. - Significa che, nonostante la diagnosi, io sto bene. E questo significa che, in questo momento, ho un certo vantaggio sul tumore, e non voglio che questo vantaggio vada perso". La paura che il ritardo nell'ottenere i risultati potesse compromettere l'efficacia della terapia l'ha spinta a sollecitare con insistenza. "Bisogna sempre controllarsi, vorrei incoraggiare tutti a farlo! La prevenzione è importantissima", tiene a sottolineare.
M.C. condivide anche la sua esperienza con il sistema sanitario, tra tempi di attesa, scelte difficili e la necessità di affidarsi a centri di eccellenza. "Ho fatto la colonscopia da un privato - racconta - perché la dottoressa mi ha detto di farla il più presto possibile. Non ho nemmeno domandato i tempi di attesa per l'ospedale". Una scelta dettata dalla necessità di velocizzare il percorso diagnostico, ma che solleva interrogativi sull'accessibilità alle cure e sulle disparità tra chi può permettersi il privato e chi no.
Infine, M.C. lancia un appello alla prevenzione e all'ascolto del proprio corpo. "Non aspettare che il problema diventi più grande - è il suo consiglio - Fare controlli periodicamente, analisi del sangue, mammografia, colonscopia, soprattutto se in famiglia c'è familiarità".
La sua storia, raccontata con onestà e coraggio, è un invito a non sottovalutare i segnali del corpo, a non arrendersi di fronte alle difficoltà e a pretendere un sistema sanitario efficiente e accessibile a tutti.