La strana coppia a Salemi: quando Oliviero Toscani fu assessore di Sgarbi
Oliviero Toscani e Vittorio Sgarbi. A Salemi li ricordano ancora oggi.
Si è spento ieri Oliviero Toscani, il grande fotografo conosciuto in tutto il mondo per le sue immagini iconiche, ma anche per il suo spirito ribelle e la sua voglia di sfidare il sistema. Tra le sue tante esperienze, una delle più singolari è legata al suo breve ma intenso periodo come assessore nel Comune di Salemi, in provincia di Trapani, al fianco di Vittorio Sgarbi, allora sindaco. Una delega, la sua, alla "creatività". Una parentesi politica che Toscani stesso ha definito “un magnifico fallimento”, ma che resta significativa per il coraggio e le denunce che vi emersero.
L’avventura politica a Salemi
Nel 2008, Toscani decise di seguire Vittorio Sgarbi nella sua avventura politica in Sicilia. Sgarbi, con il sostegno di Pino Giammarinaro, ex deputato della DC e figura tanto discussa quanto influente nell’area, fu eletto sindaco di Salemi a furor di popolo. Toscani, affascinato dall’idea di rigenerare un piccolo centro con il suo estro e la sua visione, accettò l’incarico di assessore, con l’obiettivo di portare innovazione e cultura.
Tuttavia, l’esperienza si trasformò presto in un confronto diretto con un sistema che Toscani non esitò a definire “impregnato di colla mafiosa”. Fu lui, infatti, a puntare il dito contro Giammarinaro, che considerava il vero uomo forte dietro l’amministrazione. “Lo chiamavo Giamburattinaio, perché muoveva i fili di tutto,” disse in seguito Toscani, raccontando il clima opprimente di quell’esperienza.
Il “patto del tovagliolo” e le tensioni con Sgarbi
Tra gli episodi più emblematici, Toscani ricordò il cosiddetto “patto del tovagliolo”, un accordo scritto a mano su un tovagliolo di carta, firmato con Sgarbi, in cui il critico d’arte si impegnava a prendere le distanze da Giammarinaro. Ma quell’accordo, secondo Toscani, fu dimenticato in pochi giorni. “Sgarbi inseguiva Giammarinaro per consolarlo, mentre io lo affrontavo in Giunta,” raccontò il fotografo, descrivendo la sua frustrazione nel cercare di portare avanti un lavoro che riteneva impossibile.
Toscani, deluso e amareggiato, arrivò a considerare il suo “nemico” non solo nella figura di Giammarinaro, ma nell’intero contesto che lo circondava: “Il mio nemico era il paese di Salemi.”
"Case a 1 euro" e l'addio alla giunta
Toscani descrisse la sua esperienza a Salemi come frustrante, puntando il dito contro un sistema burocratico paralizzante e presunti interessi speculativi che avrebbero impedito la realizzazione del progetto "case a un euro", il suo obiettivo principale.
«La creatività è l’opposto della sicilianità», dichiarò Toscani, criticando una mentalità che definì fatalista e assistenzialista. Attaccò il presunto controllo esercitato da Pino Giammarinaro, ex deputato DC, sull’amministrazione locale, sostenendo che «gli uomini di Giammarinaro controllano tutto». Toscani si disse inoltre amareggiato per l’indifferenza della comunità rispetto ai progetti innovativi che aveva tentato di portare avanti.
Vittorio Sgarbi rispose duramente, revocandogli l’incarico e definendo le sue affermazioni false e infondate. «Giammarinaro non ha capacità di condizionamento. Se Toscani ha prove, le tiri fuori», affermò Sgarbi, ribadendo che il progetto "case a un euro" non era stato bloccato e che Toscani, lasciando la giunta, aveva abbandonato il progetto sul più bello.
Lo scontro tra Toscani e Sgarbi rimane uno dei momenti più emblematici della loro collaborazione, segnando il fallimento di quell'esperimento amministrativo.
Lo scioglimento del Comune per mafia
L’amministrazione di Salemi, guidata da Sgarbi, si concluse con un evento clamoroso: il scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Toscani ebbe un ruolo cruciale nelle denunce che portarono alla decisione, ma l’intera vicenda si rivelò una ferita aperta per lui. “Pensavo di poter fare un lavoro eccellente, ma ci siamo dovuti fermare,” disse.
Giammarinaro, assolto da un processo per mafia, si ritrovò comunque sorvegliato speciale e destinatario di un provvedimento di sequestro di beni per 30 milioni di euro. Ma Toscani non risparmiò critiche nemmeno ai siciliani che, a suo dire, accettavano passivamente il sistema mafioso: “Qui chi sbaglia dice tre pater noster e un ave gloria e viene assolto.”
La Sicilia è stata spesso oggetto delle sue dichiarazioni più controverse, come quella rilasciata nel 2021 a Repubblica, in cui definì l’Isola "la più grande discarica di intelligenze al mondo". Una frase che sintetizza il suo complesso rapporto con questa terra di contraddizioni, che lo aveva visto protagonista anche nella breve e turbolenta esperienza politica a Salemi.
"Io non ce l'ho con la Sicilia, ma con i siciliani"
Toscani non risparmiava critiche ai siciliani, accusati di tollerare un sistema basato sul compromesso. “In Sicilia non puoi realizzare nulla senza estenuanti mediazioni,” disse. La sua esperienza come assessore alla Creatività nella giunta di Vittorio Sgarbi a Salemi nel 2008 gli lasciò un’amarezza profonda, tanto da definire quell’avventura "un magnifico fallimento".
La delusione di Toscani si concentrava soprattutto sul ruolo di Pino Giammarinaro, ex dirigente della DC andreottiana, che Toscani riteneva il vero dominatore della scena politica locale. "I siciliani tollerano i Giammarinaro di turno e quella mentalità lì,” dichiarò. Nonostante le sue idee innovative, come il progetto delle case vendute a un euro, Toscani si trovò di fronte a un muro di compromessi che lo spinse ad abbandonare l’incarico.
"Un tesoro che i siciliani non meritano"
Nonostante il suo affetto per la bellezza della Sicilia, Toscani criticava apertamente i suoi abitanti per il modo in cui trattavano il loro patrimonio culturale e naturale. “I siciliani non hanno alcun merito per la bellezza che li circonda. Quando possono, infieriscono contro la loro terra,” disse, ricordando gli scempi nella Valle dei Templi e altrove.
Eppure, non era tutto pessimismo. Toscani riconosceva anche la straordinaria intelligenza di molti siciliani, soffocata però da un sistema che impedisce il loro pieno sviluppo. “La Sicilia è una discarica di intelligenze: trovi persone geniali, ma non riescono a emergere.”
La speranza nei volti siciliani
Toscani non ha mai smesso di vedere la Sicilia come una terra dalle potenzialità enormi. “Le facce dei siciliani sono il paesaggio più straordinario dell’Isola,” dichiarò, sottolineando come quei volti raccontassero una storia unica fatta di radici, contaminazioni e speranza.
Tra i suoi progetti più amati, Toscani ricordava un catalogo fotografico realizzato a Corleone, in cui immortalò i giovani del paese per dimostrare che i corleonesi non erano tutti Totò Riina. “Eccoli i veri corleonesi, non i criminali della cosca mafiosa,” spiegò. Un messaggio di speranza e riscatto che lo ha accompagnato per tutta la vita.
Un amore-odio per la Sicilia
Dietro le parole dure di Toscani si celava però una profonda speranza per questa terra: "Se parlo così è perché vivo di speranza," disse. E immaginava un racconto della Sicilia attraverso le facce della sua gente, un progetto che non aveva mai smesso di sognare.
“Vorrei raccontare l’evoluzione dei siciliani dopo la mafia,” disse, ipotizzando un lavoro che mettesse in luce i cambiamenti positivi. Nonostante le delusioni, il grande fotografo non aveva mai smesso di credere nella possibilità di riscatto di una terra che, nelle sue parole, “possiede il paese più bello al mondo, ma non lo sa valorizzare”.
Un’esperienza da ricordare
Oliviero Toscani, con la sua consueta schiettezza, non nascose mai la sua amarezza per l’esperienza di Salemi, ma ne riconobbe il valore simbolico. “È stata una lezione dura, ma necessaria,” disse. La sua determinazione a denunciare ciò che non andava, anche a costo di pagare un prezzo personale, rimane un esempio di integrità e coraggio.
Oggi, mentre ricordiamo il genio fotografico di Toscani, è impossibile non ripensare anche a quel capitolo siciliano della sua vita, un capitolo fatto di scontri, delusioni, ma anche di una battaglia contro un sistema radicato che Toscani non esitò mai a sfidare.
Un “magnifico fallimento” che, alla luce della sua scomparsa, assume il valore di una testimonianza indelebile contro le connivenze e le ombre che ancora pesano su molti territori del nostro Paese.
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