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12/01/2025 10:11:00

La foto di Matteo Messina Denaro in vacanza a Verona nel 2006

I "diari segreti " (come vengono pomposamente chiamati) di Matteo Messina Denaro, scoperti durante una perquisizione successiva al suo arresto, rappresentano un documento unico e sorprendente. Per tredici anni, dal 2003 al 2016, il boss di Cosa nostra ha annotato alcuni suoi pensieri, le sue riflessioni e il suo personale tentativo di raccontare la propria vita attraverso due quaderni dalla copertina rigida, illustrati con opere di Vincent van Gogh.

Oggi La Repubblica pubblica un’anteprima di questo inedito “Messina Denaro pensiero”, corredato da fotografie scattate nel 2006 davanti all’Arena di Verona, che il boss aveva custodito e allegato ai suoi quaderni.

Il rapporto con la figlia Lorenza

Al centro dei diari c’è il rapporto, o meglio il mancato rapporto, con la figlia Lorenza, che Messina Denaro ha riconosciuto all’anagrafe solo poche settimane prima di morire. I quaderni diventano un fiume di parole in cui il boss, con una calligrafia ordinata e uno stile manipolatorio, cerca di raccontarsi alla figlia, seguendo un flusso di coscienza che svela una mentalità patriarcale e retrograda.

Nel diario, Messina Denaro parla di “geni difettosi” e di un destino inscritto nel DNA della famiglia, trasmettendo alla figlia una visione distorta e narcisistica della sua vita e delle sue azioni. La figura di Lorenza è la “variabile” che, secondo quanto emerge dagli appunti, ha messo in crisi il boss, spingendolo a riflettere su errori che non aveva mai ammesso nella sua lunga carriera criminale.

La foto all’Arena di Verona: il boss vanitoso

Tra i materiali trovati, le fotografie inedite scattate a Verona il 20 maggio 2006 raccontano un altro lato di Messina Denaro: quello vanitoso e attento al proprio aspetto. Nelle immagini, il boss posa davanti all’Arena indossando abiti di marca, scarpe griffate e una fede al dito.

Le fotografie, annotate a mano con la data sul retro, sembrano essere state inserite nel diario per fornire alla figlia un’immagine di sé diversa da quella proposta dagli identikit diffusi dagli investigatori. “Non volevo che Lorenza pensasse a me come mi disegnavano, vecchio e brutto. Io sono molto più bello,” scrive il boss.

Un documento complesso e manipolatorio

I "diari" non seguono un tema conduttore, ma si sviluppano in modo irregolare, saltando da un argomento all’altro. Messina Denaro parla di donne, amanti, famiglia, giustizia, religione e violenza, offrendo una narrazione che miscela abilmente verità e falsità per confondere chi legge.

Secondo il giornalista Lirio Abbate, che ha avuto accesso ai documenti e che ci farà anche un nuovo libro, il boss sfrutta una retorica grezza ma efficace, capace di manipolare l’immaginario collettivo e il giudizio di chi lo legge. Nei passaggi più intimi, emerge la sua ossessione per la figlia Lorenza, che per 27 anni ha rifiutato di incontrarlo.

Il ritrovamento di questi documenti offre agli investigatori e agli studiosi di Cosa nostra una prospettiva inedita sulla mente di Messina Denaro, ma lascia aperti molti interrogativi. A due anni dall’arresto del boss a Palermo, il mosaico della sua latitanza e delle sue relazioni personali è ancora incompleto.

Le foto di Verona, i suoi “libricini” e le sue parole restano frammenti di un puzzle più ampio che racconta non solo il potere e la ferocia del boss, ma anche le sue fragilità e il suo tentativo, disperato e narcisistico, di lasciare un’eredità emotiva alla figlia.



EA2G | 2024-12-23 14:54:00
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