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07/01/2025 10:01:00

La fine del Psi, il partito più antico d'Italia

Mi sto abituando a leggere della scomparsa di personaggi che hanno accompagnato la mia adolescenza e la mia gioventù. Quasi tutto il gruppo dirigente dei c.d. “quarantenni” del PSI che dalla fine degli anni 70 ha governato il Partito Socialista di Craxi si sta sciogliendo come neve al sole e le recenti scomparse di due rappresentanti di quella generazione, Pellitteri e Panzeca, e l’approssimarsi del 25° anniversario del decesso di Craxi mi hanno destato dal torpore mentale dei nostalgici e mi hanno riacceso la voglia di parlare di quel PSI in termini politici (nei limiti delle mie capacità di analisi) con l’obiettività che il tempo trascorso mi consente.

Chi non ha idea di cosa fosse la vita di partito e ritiene che il PSI fosse solo il partito degli scandali dimostra un evidente limite culturale e cognitivo.

Non basta fare richiamo ai grandi padri del socialismo italiano, da Turati a Matteotti, additati dalla cultura leninista quali “socialtraditori”, o ai grandi socialisti del dopoguerra, da Pertini a De Martino, a Riccardo Lombardi, a Nenni, per rimarcare la matrice marxista del Partito Socialista che aveva nel suo simbolo un sole nascente ed una falce e martello, quali simboli di una lotta della classe operaia in senso riformista, e non rivoluzionario.
Banalizzare la storia del più antico partito della sinistra storica italiana è stata un’operazione portata avanti con grande cinismo dalle menti poco illuminate di coloro che hanno dovuto gestire il post comunismo in Italia e che, dopo la caduta del muro di Berlino avrebbero dovuto ricostruire un grande unico Partito Socialista Italiano.

La campagna denigratoria, che ha avuto il suo culmine nel periodo storico di “Mani pulite” ( del quale solo da poco si è iniziata una verifica storico-politica), ha avuto quale risultato una sconfitta della sinistra ed un correlativo successo di una destra unita che è riuscita a smarcarsi dall’emarginazione dei neofascisti e dall’immobilismo democristiano.

Pensate alla scarsa lungimiranza di Occhetto e D’Alema che alle elezioni politiche del 1994 hanno preteso (ed ottenuto) che i Socialisti saltassero quel turno elettorale, e che effetti dirompenti abbia avuto questa sciagurata decisione.

Chiariamo subito che il PSI non era un partito di santi o di missionari, così come non lo era alcun partito politico.

Lo sapevamo pure noi ragazzi del liceo che il PCI riceveva ingenti finanziamenti dall’Unione Sovietica ed aveva un apparato enorme di funzionari regolarmente stipendiati (ricordo che la Federazione provinciale del PCI usava un’automobile di fabbricazione sovietica) e ciò non destava alcuno scandalo.
Lungi dall’articolare un’approfondita analisi politica, voglio mettere in evidenza che il PSI, partito di governo, era e rimaneva un partito fortemente radicato a sinistra.
Qualcuno debole di memoria avrà dimenticato che nella CGIL esisteva un corrente comunista ed una socialista, così come nella Lega delle cooperative, nell’ UIL, nell’ARCI UISP, nella CNA, ed in tutti quelli che venivano chiamati organismi di massa .
Io sono cresciuto in un Partito socialista che non era soltanto il partito degli assessori o dei sottogoverni, ma era anche il Partito che nel periodo in cui ha governato ha portato avanti la nazionalizzazione dell’elettricità, con i conseguenti potenziamenti della rete in tutta Italia; ha approvato lo statuto dei lavoratori, ha approvato le leggi sulla parità di genere (introduzione delle donne in Magistratura), la legge sul divorzio, quella sull’aborto, la riforma del diritto di famiglia (che ha stabilito la parità tra marito e moglie), la redazione ed approvazione del nuovo codice di procedura penale, ed altre importanti riforme in direzione progressista in un Paese dove la chiesa e la Democrazia cristiana sollevavano barriere contro ogni innovazione (v.referendum anti divorzio).
Non intendo fare della inutile propaganda, ma voglio ricordare la recente storia di un grande partito di massa che ebbe la ventura di trovare dalla fine degli anni 70 in poi, un grande leader che ha virato verso la socialdemocrazia europea delineando una politica autonoma rispetto alla leadership comunista dell’epoca.
Craxi, oltre a dimostrarsi uno statista di livello, commise l’errore di non aver vigilato adeguatamente sulla questione morale e di avere consentito il sorgere all’interno del PSI di lobbies di potere formate da personaggi poco limpidi.
E questa responsabilità non l’ha mai voluto riconoscere provocando, in tal modo, la fine del PSI proprio in prossimità del suo 100° anniversario dalla fondazione.
Ma la scarsa attenzione nei confronti delle lobby era arrivata a tutti i livelli e, nell’ azione quotidiana, noi dirigenti di periferia avevamo la percezione dell’esistenza di gruppi di potere che operavano nel governo e nel sottogoverno ai vari livelli e tacitamente nascondevamo la testa sotto la sabbia.
Quindi per non disperdere le tradizioni della storia socialista si sarebbe dovuto partire da una profonda autocritica piuttosto che dagli inutili piagnistei anti comunisti, e da lì lavorare concretamente per una reale unità dei progressisti.
Certo l’argomento merita un attento e puntuale approfondimento e mi dolgo che tutti i partitini sedicenti eredi del PSI non abbiano mai abbozzato un serio approccio storico autocritico e, soprattutto, non abbiano capito che il socialismo oggi è un’ideale che nel XXI secolo può affermarsi solo all’interno di una variegata area progressista con proposte politiche che vedano il cittadino al centro del dibattito.
Socialisti nel cuore, ma anche nella mente. 

Giovanni Gaudino



EA2G | 2024-12-23 14:54:00
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