Ha perso un braccio per 100 grammi di pasta. San Vito Lo Capo, la storia di Andreea
"Dobbiamo amputare il braccio", dissero i medici. Andreea Ramona, con uno sguardo che ancora oggi trasuda sconcerto e dolore, ricorda quel momento: "E sapete cosa ho risposto? Mia madre era fuori dalla porta, io ero lì, sul letto d'ospedale, con il braccio maciullato. 'Mi dovete amputare il braccio? Allora voglio morire!'. Alla fine il braccio non lo ho più, e sapete perché ho detto così? Senza, mi facevo schifo".
No, Andreea Ramona cara, a fare schifo non sei certo tu. A Trapani siamo tutti lieti che tu abbia scelto la vita, nonostante tutto.
La storia di Andreea Ramona è un pugno nello stomaco, un monito sulla tragica realtà degli incidenti sul lavoro. Il 25 giugno 2018, nel suo giorno libero, viene richiamata al lavoro nell'attività di produzione di pasta fresca a San Vito Lo Capo dove era stata assunta da soli 23 giorni. Il suo compito? Recuperare 100 grammi di pasta incastrati in un'impastatrice. Un'operazione pericolosa, che la spaventa. Chiede di staccare la spina per lavorare in sicurezza, ma la risposta della datrice di lavoro è agghiacciante: "Se tu togli ancora la spina ti butto fuori".
L'incidente è inevitabile. Il braccio di Andreea rimane maciullato.
A febbraio 2024, dopo anni di battaglie legali, ancora in itinere, arriva la condanna per V.A., la datrice di lavoro: 3 anni di reclusione senza sospensione condizionale della pena. Il giudice del tribunale di Trapani accoglie le richieste del PM, che contesta alla donna non solo le gravissime lesioni provocate ad Andreaa, ma anche la mancata visita medica, la formazione inadeguata, l'assenza di dispositivi di protezione e l'utilizzo di un macchinario "dolosamente manomesso".
"La sicurezza sul lavoro è come l'aria che respiriamo: ci accorgiamo della sua importanza solo quando viene tragicamente a mancare", ha detto Papa Francesco. Ed è proprio sulla scia di queste parole che Andreea e sua madre, due donne rumene, due grandi lavoratrici, lanciano un appello. Un appello ai connazionali, e non solo, a denunciare le condizioni precarie e lo sfruttamento sul lavoro, così da far valere i propri diritti.
La loro storia è simbolicamente rappresentata da un casco rosso sull'albero della sicurezza, un albero che ricorda il sangue versato negli incidenti sul lavoro, i caroselli di cordoglio, la vicinanza alle famiglie delle vittime, la tragedia che si ripete ogni volta che qualcuno muore sul lavoro.
Vicino a quell'albero, simbolo di morte e dolore, Andreea Ramona e sua madre Michaela chiedono maggiore sicurezza, soprattutto per chi, come loro, ha lasciato il proprio paese per cercare un futuro migliore. Un futuro che non può essere pagato con la vita o con la salute.
A supportare le due donne nel loro incessante impegno nel sensibilizzare all'adozione delle pratiche e procedure di sicurezza, anche Gino Gandolfo, direttore dell'Ufficio di Pastorale sociale del lavoro della diocesi di Trapani. Insieme a lui Enti pubblici come l'Inail e associazioni come Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro (ANMIL), di cui Andreea è socia.
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