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25/12/2024 06:00:00

 Tony Effe è solo il sintomo

di Katia Regina

Ho guardato le foto di Nicolò Rapisarda a partire da quando era bambino: un volto dolce, innocente, come in genere appaiono i bambini a quell'età. Non credo proprio che si rivolgesse a sua madre facendo la rima con gioia. Una famiglia modesta, certo, ma non si può parlare di degrado. Da bambino entra nel mondo dello spettacolo come comparsa/attore in alcuni film, assaggia il fascino di quell'ambiente e sceglie di restarci facendo musica. Diventa Tony Effe e fa musica trap, un genere che affonda le sue radici in un terreno fertile di disagio sociale, e lì che trova il suo posto, e questa potrebbe essere la prima domanda da porsi: cosa è mancato a quel bambino? Perché si è sentito accolto in un contesto che racconta la rabbia e alla frustrazione di chi si sente ai margini? I testi, spesso crudi e violenti, esasperano una cultura che si è incistata nella società senza che neppure ce ne accorgessimo. La generazione dei boomer è cresciuta ascoltando canzonette apparentemente innocenti e romantiche:

tu sei sempre mia, anche quando vado via...

io che non vivo più di un'ora senza te... sei mia, sei mia...

Si va be’ l’autonomia… ma ricorda che sei mia! Banane lampone chi c’era con te (chi c’era stasera) Io sono il tuo amore sei solo per me.

Laura non c'è , è andata via Laura non è più cosa mia... e mi fermo qui.

Certo non c'è la volgarità dei testi trap, ma queste affermazioni perentorie sul ruolo delle donne hanno dato nutrimento al germe della patologia patriarcale in circolo da secoli. Oggi siamo alla degenerazione del linguaggio, ma questa evidenza non appartiene solo alla musica: la volgarità gode di buona salute in ogni ambito e non sempre si manifesta con la parolaccia. Provo disgusto nel leggere i testi di Tony Effe, ma ne provo di più nell'apprendere che viene data la Cittadinanza italiana al Presidente argentino che nega e ridicolizza la violenza di genere.

Ma torniamo alla musica trap, come sostengono gli studiosi di pedagogia critica, è fondamentale andare oltre la superficie, analizzare il contesto sociale e culturale in cui nasce questo genere musicale. Comprendere, ad esempio, come la mancanza di opportunità, la precarietà economica e l'assenza di modelli positivi influenzino i linguaggi e le espressioni artistiche dei giovani.

Invece di fermarci al sintomo chiediamoci cosa stiamo facendo per capire perché ci sono così tanti Tony Effe tra i giovani. Chi ha seguito il loro processo di crescita? Come li abbiamo nutriti? Dov'era la comunità educante quando Nicolò Rapisarda stava crescendo? Perché ha scelto questa forma espressiva dai contenuti violenti? Cosa stiamo facendo per creare una società più inclusiva, che offra ai giovani prospettive e opportunità?

L'esclusione di Tony Effe dal concerto di Capodanno ci offre l'occasione per riflettere su tante cose, ma finora abbiamo solo visto fazioni che scelgono da che parte stare, corporazioni che difendono l'arte e gli artisti a intermittenza. E non parlatemi di censura, Tony Effe farà ugualmente il suo concerto la notte di Capodanno al Circo Massimo, ma non coi soldi pubblici. Ecco cosa ha scritto sul suo profilo Instagram:

Sono onorato di cantare al Circo Massimo nella mia città. Voglio ringraziare il comune per questa opportunità. Rispetto e amo tutte le donne e mi dispiace che qualcuno ancora pensi il contrario. Ecco, questo post lo farei firmare a Nicolò Rapisarda.

Consigli per la visione: Umberto Galimberti: il disagio giovanile nell’età del nichilismo

 



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