L'allarme arriva direttamente dai farmacisti non titolari, una categoria professionale che, dopo anni di studi e sacrifici, si ritrova oggi a combattere contro stipendi inadeguati, orari massacranti e una situazione economica insostenibile. Vania Paganelli, farmacista con una carriera lunga e travagliata, ha raccontato a TP24 la sua esperienza, evidenziando un problema che coinvolge migliaia di colleghi in tutta Italia.
La figura del farmacista è da sempre vicina alla collettività. Un punto di riferimento sanitario, indispensabile soprattutto nei momenti più difficili come durante la pandemia, quando le farmacie sono rimaste in prima linea, spesso senza adeguati mezzi di protezione. Eppure, questa figura professionale sta vivendo una crisi profonda. Sempre più farmacisti stanno lasciando la professione, cercando rifugio in altri settori come l'insegnamento, nonostante anni di studi complessi e l'obbligo di abilitazione.
Una vita di sacrifici e orari spezzati
Vania Paganelli, farmacista da oltre trent'anni, ha ripercorso la sua carriera professionale. Laureatasi alla Sapienza di Roma nel 1988, ha iniziato subito a lavorare, dividendo il suo tempo tra supplenze nelle scuole e lavoro in farmacia. Dopo essere entrata a pieno titolo in una farmacia, ha ben presto realizzato l'iniquità del sistema. La sua esperienza, tuttavia, non è isolata. Molti farmacisti lavorano 40 ore settimanali con orari spezzati che, come spiega Vania, "risultano particolarmente vessatori sulla qualità della vita". La sua giornata tipo è un esempio lampante: esce di casa alle 7:30 del mattino e rientra alle 20:00, con pochissimo spazio per la vita privata. Una situazione che, per molti, diventa insostenibile.
Stipendi inadeguati e contributi obbligatori
Nonostante anni di esperienza e posizioni di responsabilità come direttrice di farmacia, la busta paga di Vania Paganelli racconta un'altra realtà: stipendi al massimo della carriera ben al di sotto delle aspettative e non adeguati all'inflazione. Il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL), scaduto il 31 agosto scorso, non è ancora stato rinnovato. L'ultimo incontro tra Federfarma e i sindacati si è concluso con un rinvio al 15 gennaio, con la prospettiva di un aumento lordo di appena 200 euro che, secondo i farmacisti, non copre nemmeno l'inflazione degli ultimi tre anni.
A questo si aggiungono ulteriori oneri che gravano sulle spalle dei farmacisti non titolari, come la tassa annuale di iscrizione all'Ordine: obbligatoria per l'esercizio della professione.
Contributi ENPAF: nonostante siano lavoratori dipendenti e già soggetti ai contributi INPS, devono pagare anche questi contributi obbligatori, una doppia imposizione che molti ritengono assurda.
Una professione in fuga
«I farmacisti stanno lasciando la professione in massa», afferma Vania Paganelli, sottolineando come molti colleghi stiano cercando alternative professionali, nonostante anni di studio e una formazione obbligatoria altamente qualificata. Il settore dell'insegnamento, ad esempio, è diventato un approdo per tanti farmacisti che non riescono più a far quadrare i conti a fine mese.
Una condizione economica che appare paradossale: figure altamente specializzate, essenziali per la salute pubblica, retribuite in modo non proporzionato al loro ruolo e al carico di lavoro. Durante la pandemia, i farmacisti hanno lavorato a contatto diretto con il pubblico, spesso senza protezioni adeguate, svolgendo un ruolo chiave nella gestione dell'emergenza sanitaria. Eppure, il riconoscimento economico e sociale è ancora lontano.
Qui l'intervista con Vania Paganelli