Gli Italiani questa settimana hanno subito prima un gancio alla bocca dello stomaco e poi un colpo alla mascella, knock down alla prima ripresa: i più hanno scoperto cos’è l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e il CENSIS con il suo annuale rapporto, i risultati di questi due enti convergevano drammaticamente su un dato ovvero l’analfabetismo funzionale oramai diffuso.
Cosa sia è presto detto: l’incapacità di comprendere un testo scritto mediamente articolato, e ciò che sorprende è la trasversalità del fenomeno - chiamiamolo così - che tu abbia studi medi superiori o altro, molti si ritrovano in tale condizione e per un Paese che siede al G7 ed è tra i più industrializzati tra le economie evolute questo non è un problema ma un dramma.
Eppure mi verrebbe da dire che da tempo il fenomeno è noto: l’Istat e Eurostat ci scodellano ogni anno dati che la politica tutta ( sia essa nazionale che locale) nasconde come la polvere sotto il tappeto, biblioteche chiuse o poco frequentate, la quota di vendita dei giornali ridotta al lumicino - eppure siamo una nazione con circa sessanta milioni di abitanti - dati lettura in percentuale che ci tratteggiano come semianalfabeti e, chi coltiva questo piacere desueto è di fatto relegato ad ambiti da riserva del WWF.
Abbiamo avuto fino a qualche settimana addietro un Ministro della Cultura che per oltre due anni ha azzerato le buone pratiche sul fronte libro con relativi finanziamenti, e non ha mai ricevuto le associazioni di categoria; avendo toccato il fondo, ora leggo di un Piano Olivetti emergenziale e di risorse ritrovate a favore delle biblioteche con il nuovo Ministro. Oltre il fondo c’è la speranza che vuole tendere ad una velata normalità, e sia.
E’ continua la corsa al ribasso, ma perché si vuole tutto ciò? Che faccia paura la cultura intesa come veicolo di un pensiero indipendente che ognuno di noi adotta con i vettori congeniali? Teatro, cinema, lettura, festival insomma qualunque cosa giovi a renderci ricchi interiormente, o il timore di una circonlocuzione o di una perifrasi spaventa più di un congiuntivo sbagliato?
Timore fondato, se ascoltiamo il dibattito d’aula che sia alla Camera al Senato della Repubblica o di un Consiglio Comunale in una qualunque città: sorrisi amari a parte se ci pensiamo tutto questo dovrebbe far riflettere chi ci governa.
Siamo italiani e allora ben venga questo Piano Olivetti - ammesso e concesso che si sappia chi era costui e che filosofia industriale e culturale aveva per far crescere le sue aziende, il bicchiere deve restare mezzo pieno in questo mare di indifferenza crescente.
Oggi più che mai abbiamo strumenti di conoscenza che fino a qualche anno addietro erano impensabili eppure ci nascondiamo dietro a ragionamenti basici, ad anglicismi penosi non sapendo non solo tradurre ma neppure trovare la giusta parola nella nostra lingua, e non è pensiero autarchico in ossequio a chi oggi guida il Paese, ma se le parole ancora valgono, diamo loro un valore: pura e semplice ignoranza. Restiamo sul pelo dell’acqua per manifesta incapacità ad elaborare azioni complesse che implicano lavoro progettualità studio e dedizione.
Non dirò neppure sotto tortura dove, ma racconto di un fatto accaduto sotto i miei occhi: al termine di una conversazione attorno ad un libro qualche giorno addietro, un signore si avvicina al tavolo dei libri ne prende uno e fa per andare: il libraio con garbo chiese se avesse voluto una busta per portarlo via. Per lui quell’oggetto era gratis omaggio non aveva un prezzo: come si fa nel 2024 ad avere un atteggiamento e un pensiero simile? Eppure se chiami un idraulico o vai al cinema un qualcosa dovrai corrispondere o no?
Quell’episodio non è un campanello episodico su un fatto, ma l’amara fotografia di come pezzi di società intendano vivere la cultura: se ti comporti in modo approssimato è perché così pensi e agisci, c’è poco da ragionare. Un fondo di domenica scorsa su Repubblica Palermo ribadiva quei numeri in doppia cifra e tratteggiavano il deserto che ci ammanta con qualche timida speranza di rinascita; oggi seriamente dal locale al nazionale serve una politica che si faccia carico di una riscossa culturale che possa andare oltre risorse dell’ultima ora a mo’ di toppa. Siamo l’Italia, eppure drammaticamente indietro su quello che dovrebbe essere la base ontologica del nostro essere e fare, viviamo di fasti ereditati e incapaci di un pensiero coerente con un quadro disperante e demagogico.
giuseppe prode
“Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano. Che cosa? Che tutto si chiarisca? L'età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni. Le cause? Lascio agli storici, ai sociologi, agli psicanalisti, alle tavole rotonde il compito di indicarci le cause, io ne subisco gli effetti. E con me pochi altri: perché quasi tutti hanno una soluzione da proporci: la loro verità, cioè qualcosa che non contrasti i loro interessi. Alla tavola rotonda bisognerà anche invitare uno storico dell'arte per fargli dire quale influenza può avere avuto il barocco sulla nostra psicologia. In Italia infatti la linea più breve tra due punti è l'arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi”.
Ennio Flaiano