Traumatizzata ma determinata a costruire un nuovo futuro, Yasmine, la bambina di 11 anni proveniente dalla Sierra Leone, sopravvissuta all’ennesimo terribile naufragio nel Mediterraneo. L’hanno trovata aggrappata ad una camera d’aria con un salvagente. Tutti gli altri sono morti.
Jacinta, questo il nome con cui è stata registrata nel suo paese, racconta alle volontarie la sua storia. «Voglio studiare, mi piace la matematica e il disegno», ha detto, aggiungendo che il suo obiettivo è imparare a suonare uno strumento musicale.
La tragedia si è consumata durante un viaggio della speranza verso l’Europa, dove Yasmine e la sua famigl ia cercavano un futuro migliore. La bambina, che viaggiava insieme ai suoi genitori e ad altri migranti, è sopravvissuta al naufragio ma è stata trovata sola in mare. I suoi familiari, purtroppo, non ce l’hanno fatta. Nonostante l’orrore che ha vissuto, Yasmine sta trovando la forza di guardare avanti, grazie al sostegno degli operatori della comunità che ora si prendono cura di lei.
In nave, prima di arrivare a Trapani, dove viene ospitata in una casa comunità, tiene un disegno che raffigura lei e le sue nuove amiche di Save the Children. Questo disegno rappresenta un simbolo di resilienza e di affetto, un modo per portare con sé la memoria delle persone care che ha perso.
Gli psicologi e i medici che la seguono hanno raccontato che Yasmine, nonostante l’età, ha dimostrato una forza straordinaria. Tuttavia, il trauma del naufragio è evidente. «Sta affrontando un dolore immenso, ma ogni giorno cerca di guardare avanti», ha spiegato uno degli operatori della comunità.
Le autorità stanno ora cercando eventuali familiari superstiti di Yasmine anche in Sierra Leone, per garantire alla bambina un ricongiungimento. Tuttavia, le operazioni sono complicate, e per ora non ci sono notizie certe su parenti ancora in vita. «Se non troveremo familiari, Yasmine sarà seguita in un percorso di adozione o affidamento. Il nostro compito è proteggerla e garantirle un futuro sicuro», ha dichiarato la procuratrice per i minori che sta seguendo il caso.
Ora, la priorità è garantire a Yasmine un futuro sicuro e pieno di opportunità. Le parole della bambina rappresentano un simbolo di speranza: «Voglio suonare e vivere in pace».
La rotta dei morti invisibili
La rotta marittima tra la Tunisia e l’Italia continua a essere teatro di tragedie umane che si consumano nel silenzio e nell’indifferenza. Negli ultimi giorni, un’imbarcazione partita dalle coste tunisine e diretta verso l’Italia è scomparsa in mare, lasciando dietro di sé 44 dispersi, tra cui donne e bambini. L’episodio si aggiunge alla lunga lista dei cosiddetti “naufragi fantasma”, tragedie di cui spesso non rimane traccia ufficiale, se non il grido d’aiuto dei familiari delle vittime e delle organizzazioni umanitarie.
«Queste persone scompaiono nel disinteresse totale della politica – sottolinea Silvia Di Meo, portavoce di Mem.Med, Rete Memoria Mediterranea – è una scelta chiara quella di nasconderle». Secondo gli esperti, i migranti su questa rotta utilizzano sempre più frequentemente imbarcazioni di fortuna, costruite con materiali scadenti e inadatte a sostenere il viaggio. A differenza di quanto accade per altre rotte migratorie, come quella tunisina-libica, queste imbarcazioni partono in condizioni di totale precarietà, aumentando il rischio di naufragi.
Le organizzazioni umanitarie denunciano inoltre la mancanza di soccorsi adeguati. Secondo Chiara Denaro, volontaria della rete Alarm Phone, «spesso ci ritroviamo a seguire casi di disperazione senza informazioni certe». Le autorità tunisine, invece, sembrano spesso ignorare le richieste di verità e giustizia avanzate dalle famiglie.
La rotta Tunisia-Italia, meno nota rispetto a quella libica, è però altrettanto pericolosa. Dietro ogni tragedia ci sono vite spezzate e famiglie in cerca di risposte. Nell’assenza di una risposta politica adeguata, il mare continua a restituire solo silenzi, lasciando un vuoto che dovrebbe scuotere coscienze e istituzioni.
La Geo Barents non salpa più
La Geo Barents, nave di ricerca e soccorso di Medici Senza Frontiere (MSF), conclude le sue operazioni nel Mediterraneo centrale. Nonostante le oltre 12.675 persone soccorse e le 190 operazioni di salvataggio effettuate da giugno 2021, MSF annuncia la fine delle operazioni per colpa di leggi assurde e insensate, dal decreto Piantedosi del gennaio 2023 al suo inasprimento del dicembre 2024.
MSF tornerà in mare il prima possibile per salvare vite nel Mediterraneo centrale, dove oltre 31.000 persone sono morte o disperse dal 2014, e conferma il suo impegno per assistere le persone in movimento in una delle rotte migratorie più letali al mondo.
“Torneremo anche per testimoniare e denunciare le violazioni commesse contro le persone migranti dall’Italia, gli stati membri dell’Unione europea a altri attori” afferma Juan Matias Gil, capomissione di MSF per la ricerca e il soccorso in mare.
Negli ultimi 2 anni la Geo Barents ha subito 4 sanzioni da parte delle autorità italiane, per un totale di 160 giorni in cui è stata sottoposta a fermo amministrativo, per aver semplicemente adempiuto al dovere umanitario e legale di salvare vite in mare.
La prassi delle autorità italiane di assegnare porti lontani, spesso al nord, per lo sbarco delle persone soccorse in mare, ha ulteriormente minato la capacità della Geo Barents di soccorrere vite in mare e di essere presente dove è più necessario. Dall’entrata in vigore del decreto Piantedosi, la Geo Barents ha trascorso metà dell'anno navigando da e verso porti lontani invece di assistere le persone in difficoltà.
Nel giugno 2023, ad esempio, le autorità italiane hanno ordinato alla Geo Barents, che può ospitare fino a 600 persone a bordo, di dirigersi a La Spezia – a più di 1.000 km di distanza - per sbarcare 13 sopravvissuti, nonostante la disponibilità di porti molto più vicini.
“Invece di utilizzare la capacità di soccorso delle navi umanitarie, le autorità italiane ne hanno minato l’operatività. Le leggi e le politiche italiane esprimono un vero e proprio disprezzo per le vite delle persone che attraversano il Mediterraneo” afferma Margot Bernard, coordinatrice del progetto di MSF. “Le storie di decine di migliaia di sopravvissuti riecheggiano ovunque sulla nostra nave, i bambini hanno mosso i primi passi su questi ponti, le persone hanno pianto i loro cari. Quando le politiche europee di deterrenza causano così tanta sofferenza e costano così tante vite, abbiamo il dovere di insistere a favore dell'umanità”.
MSF è presente nel Mediterraneo centrale con attività di ricerca e soccorso dal 2015, lavorando su otto diverse imbarcazioni, da sola o in collaborazione con altre ONG, e salvando più di 94.000 persone. I team di MSF a bordo della Geo Barents, attiva da giugno 2021, hanno soccorso 12.675 persone, concluso 190 operazioni, recuperato i corpi di 24 persone, organizzato l'evacuazione medica di 18 persone e assistito la nascita di un bambino.
Nei due anni trascorsi dall'entrata in vigore del decreto Piantedosi, MSF ha intrapreso tutte le vie legali e ha presentato ricorso contro le sanzioni punitive e l’assegnazione di porti lontani, ottenendo con successo 2 sospensioni dei provvedimenti di detenzione di 60 giorni. MSF e altre ONG hanno anche presentato 5 denunce individuali alla Commissione europea, invitandola a esaminare le restrizioni alla luce del diritto dell'UE, ma finora senza successo.