Un’etichetta recita: “Plico contenente bobine di nastro magnetico relative all’intercettazione telefonica”. Da un passato lontano, riaffiorano le intercettazioni di un filone dell’inchiesta "mafia e appalti", dimenticate per oltre due decenni.
Le 39 bobine, sigillate e firmate con i timbri dell’epoca, sono state ritrovate nei depositi del Palazzo di Giustizia di Palermo. Si tratta di registrazioni effettuate dalla Procura di Massa Carrara tra aprile e dicembre del 1991, che documentavano l'infiltrazione della mafia corleonese, guidata da Totò Riina, nel Gruppo Ferruzzi e il tentativo della Cosa Nostra di penetrare il ricco Nord industriale.
Le bobine dimenticate
Le registrazioni, rimaste negli archivi dal 1998, contengono conversazioni che mettono in luce il ruolo di esponenti di spicco della mafia palermitana, come i fratelli Nino e Salvatore Buscemi e Francesco Bonura. Questi, tramite la Imeg e la Sam, imprese appartenenti al gruppo di Raul Gardini, consolidavano la loro influenza economica e criminale. Nonostante i dettagli emergenti già all'epoca, il fascicolo fu archiviato dalla Procura di Palermo nel 1992, concludendo che si trattava di “normali rapporti commerciali”. L’inchiesta venne così chiusa, ma oggi si sospetta che sia stata insabbiata.
Una nuova indagine sulle omissioni
La Procura di Caltanissetta ha aperto un’indagine per fare luce su quegli eventi. Nel registro degli indagati sono finiti due ex magistrati di Palermo, Gioacchino Natoli e Giuseppe Pignatone, mentre l’allora procuratore Pietro Giammanco è deceduto. L’ipotesi è che l’inchiesta sia stata volutamente insabbiata. I documenti principali del lavoro della Procura di Massa Carrara, comprendenti riferimenti a politici, imprenditori e affari della mafia, passarono tra le Procure di Lucca, Firenze e Roma. Secondo l’allora sostituto procuratore Lama, quel materiale avrebbe potuto provocare un vero e proprio terremoto politico e giudiziario.
Legame con la strage di via D’Amelio
Il ritrovamento delle bobine è ora cruciale anche per la nuova indagine sulla strage di via D’Amelio, in cui perse la vita Paolo Borsellino. Il giudice, proprio come Giovanni Falcone, stava lavorando sul dossier “mafia e appalti”, preparato dai carabinieri del Ros. Le intercettazioni delle bobine, che includono anche le infiltrazioni mafiose nelle cave di marmo in Toscana, sono attualmente al vaglio del Raggruppamento Scientifico Fonico della Guardia di Finanza, che sta digitalizzando i contenuti per proseguire l’indagine. Questo ritrovamento potrebbe riaccendere i riflettori su una delle pagine più oscure e controverse della storia giudiziaria italiana, portando alla luce dettagli cruciali finora rimasti nell'ombra.