Secchiate di urina, sigarette tossiche, e spedizioni punitive. L'inferno nel carcere di Trapani
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Sono diversi gli episodi di violenza e umiliazioni avvenuti all’interno del reparto Blu del carcere di Trapani. Maltrattamenti ai danni dei detenuti che gli agenti di Polizia Penitenziaria avrebbero perpetrato tra il 2021 e il 2023. Il tutto in una zona del carcere che pensavano fosse libero da telecamere, e coperti da altri colleghi che non hanno denunciato le violenze.
Le indagini sulla sezione Blu del carcere Pietro Cerulli di Trapani, che hanno portato all'arresto di 11 poliziotti, hanno preso avvio grazie alle denunce di due detenuti vittime di aggressioni brutali che hanno sollevato il velo su un sistema di abusi e maltrattamenti sistematici.
Tutto è partito dal racconto di un detenuto trasferito nel carcere di Trapani nel settembre 2021, che ha denunciato di essere stato pestato dopo aver protestato per il rifiuto di effettuare una videochiamata. Gli agenti sarebbero intervenuti per sedare un incendio appiccato dal detenuto nella sua cella e, successivamente, lo avrebbero colpito con calci e pugni. Dopo l’aggressione, l’uomo è stato rinchiuso per cinque giorni in una cella “liscia”, priva di arredi, senza ricevere cure mediche adeguate.
Un altro detenuto, invece, ha raccontato di essere stato picchiato dopo un tentativo di evasione. Condotto nella sezione Blu, sarebbe stato costretto a camminare nudo lungo il corridoio e poi colpito con schiaffi e pugni all’interno della cella. Entrambi i detenuti hanno riconosciuto i loro aggressori, tra cui alcuni ispettori capo e assistenti penitenziari.
Questi episodi, documentati con dettagli raccapriccianti, sono stati il punto di partenza di un’inchiesta che ha portato alla contestazione del reato di tortura e all’emergere di una cultura di abuso diffuso nel carcere trapanese. Da quei racconti è partita l’inchiesta, e sono state installate le telecamere nel reparto blu. Le immagini hanno scioccato gli investigatori.
La “squadretta”, come si facevano chiamare i poliziotti, intervenivano in massa. Tre, sei, dieci. Con metodi brutali. Un detenuto non voleva firmare il trasferimento? Allora gli puntavano una pistola alla tempia (scarica, ma il detenuto non lo sapeva) e lo facevano strisciare alla scrivania.
Sigarette alterate e umiliazioni notturne
“Ci butto un secchio? E’ pisciazza mischiata con acqua”. E’ uno degli episodi di violenza più emblematici di quello che accadeva nel Reparto Blu. Antonio è un detenuto con problemi psichici. In carcere avrebbe dovuto essere seguito con attenzione. Invece veniva deriso e maltrattato. “Mi hanno preso alle spalle, picchiato, preso a pugni. Mi hanno fatto davvero male. Ricordo che ero nudo, perchè ero uscito dalla doccia. Mi hanno spinto a calci nel corridoio”. Poi gli hanno lanciato un secchio di acqua e pipì. Gli agenti ridono, volevano percuoterlo come “uno strummolo”.
Alcuni agenti avrebbero consegnato una sigaretta intrisa di una sostanza calmante. Un agente si è mostrato preoccupato “e se muore?”. Ma non ha fatto altro per fermare le violenze. Così come non hanno fatto nulla altri agenti che assistevano ai maltrattamenti e sono stati fermi senza porre fine al degrado.
Scherno e umiliazioni razziste
Un detenuto di origine maliana è stato sottoposto a un trattamento degradante: denudato davanti a sette agenti, questi lo avrebbero deriso facendo commenti volgari sulla grandezza del suo pene. La perquisizione, priva di qualsiasi ordine di servizio, è stata descritta come del tutto illegittima dagli inquirenti.In un altro episodio, gli agenti avrebbero lanciato acqua nella cella di un detenuto dopo aver spento le luci del corridoio per evitare di essere riconosciuti. In quella circostanza, due agenti hanno anche inscenato un balletto derisorio nei confronti del detenuto tunisino. “E’ nero, tanto non si vede” dicevano a proposito dei possibili lividi sul volto di un detenuto africano.
Sei agenti contro un detenuto
Il 22 luglio 2023, un altro detenuto è stato vittima di un’aggressione brutale da parte di sei agenti. La violenza sarebbe iniziata dopo che l’uomo, protestando per non aver avuto accesso al servizio di barberia, aveva preso una ricetrasmittente. Uno degli agenti avrebbe sferrato uno schiaffo al detenuto, scatenando una colluttazione che ha portato il detenuto a essere colpito ripetutamente con calci e pugni mentre era a terra, inerme.
Falsificazioni e coperture
Le violenze non si limitavano agli atti fisici. Gli agenti coinvolti, come dimostrano le intercettazioni, avrebbero falsificato le relazioni di servizio per giustificare gli abusi o attribuire colpe inesistenti ai detenuti. Nel caso di un detenuto straniero, ad esempio, gli agenti avrebbero dichiarato che il detenuto aveva aggredito una psicologa, un fatto smentito dalle registrazioni video.
La cultura della violenza
Le intercettazioni hanno rivelato la mentalità punitiva di alcuni agenti. In un dialogo un agente dichiarava che il detenuto "deve essere sminchiato a legnate fino a quando si arrende". Lo stesso agente si lamentava dell’intervento del personale medico, accusandolo di “stare dalla parte dei detenuti” solo per essersi opposto al rifiuto di fornire cure necessarie.
Nell’inferno del reparto Blu dopo le violenze i detenuti stavano appollaiati, in un angolo delle celle. Da una cella all’altra si sentiva il lamento: “Ho sentito il rumore di come lo picchiavano”. Raccontava un detenuto. Il rumore delle botte, i lamenti di un angolo buio della periferia del mondo. Un angolo in cui l’umanità ha smesso di esistere.
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