Torture e maltrattamenti al carcere di Trapani. 11 poliziotti arrestati, 46 indagati
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21,20 - Questi i nomi dei poliziotti penitenziari arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulle violenza al carcere di Trapani.
Sono agli arresti domiciliari Filippo Guaiana, 40 anni di Trapani, Antonio Mazzara, 60 anni di Trapani, Filippo Bucaria, 54 anni di Paceco, Claudio Angileri, 58 anni di Marsala, Claudio Di Dia, 56 anni di Trapani, Andrea Motugno, 36 anni di Napoli, Francesco Pantaleo, 35 anni di Marsala, Salvatore Todaro, 44 di Erice, Stefano Candito, 55 anni di Erice, Roberto Passalacqua, 48 anni di Erice, Antonino Fazio, 29 anni di Erice.
Sono stati invece sospesi dalla polizia penitenziaria, Massimo Anzelmo, 43 anni di Erice, Paola Patrizia Basiricò, 50 anni di Erice, Salvatore Curatolo, 54 anni di Trapani, Angelo Drago, 60 anni di Trapani, Antonino Ficara, 58 anni di Trapani, Alessandro Iabichella, 52 anni di Trapani, Francesco Marrone, 56 anni nato in Germania, Giuseppe Martines, 40 anni di Erice, Guglielmo Montalto, 56 anni di Trapani, Andrea Pisciotta, 47 anni, a Trapani, Giuseppe Francesco Prestifilippo, 55 anni di Trapani, Nicolò Rondello, 56 anni di Erice, Salvatore Schifano, 58 anni di Trapani, Pasquale Tartamella, 58 anni di Trapani.
Cliccando qui, invece, i nomi di tutti gli indagati.
Ricordiamo che tutti i soggetti coinvolti sono innocenti fino a prova contraria, e i loro nomi vengono diffusi da questa testata per contemperare il diritto delle persone coinvolte alla riservatezza con l'altrettanto diritto e dovere di fare informazione su un caso di cronaca così delicato.
17,10 - L'inferno? E' di colore ... blu.
La sezione Blu del carcere Pietro Cerulli di Trapani, ufficialmente destinata all’isolamento diurno e notturno dei detenuti, si è rivelata teatro di abusi sistematici e violenze che hanno dato vita a un clima di terrore e disumanizzazione. È quanto emerso dall’inchiesta della Procura della Repubblica di Trapani, che ha portato alla luce una serie di episodi drammatici avvenuti all’interno di questa specifica area della struttura penitenziaria.
Cos’è la sezione Blu?
La sezione Blu è il reparto di isolamento del carcere, dove vengono trasferiti detenuti che necessitano di una sorveglianza speciale o che devono essere separati dal resto della popolazione carceraria per ragioni disciplinari o di sicurezza. Qui, ogni cella è isolata e il contatto tra i detenuti è minimo. Tuttavia, secondo le indagini, questo spazio avrebbe perso la sua funzione istituzionale, trasformandosi in un luogo dove le regole erano sostituite dall’arbitrarietà e dalla violenza.
Cosa avveniva nella sezione Blu?
Secondo il quadro accusatorio, nella sezione Blu sarebbero stati commessi atti di tortura, percosse e umiliazioni sistematiche nei confronti dei detenuti più vulnerabili. In particolare, gli agenti avrebbero instaurato un clima di paura, utilizzando la violenza non come extrema ratio, ma come metodo punitivo e coercitivo. Tra gli episodi contestati:
- Percosse gratuite: detenuti picchiati con schiaffi, pugni, calci e talvolta trascinati lungo i corridoi della sezione, spesso già immobilizzati e incapaci di reagire.
- Lanci di acqua e urina: gli indagati avrebbero utilizzato questi atti come forma di scherno e umiliazione, riducendo i detenuti a oggetti di derisione.
- Denudamenti forzati e insulti razzisti: in diversi casi, i detenuti venivano costretti a spogliarsi davanti agli agenti e ai loro colleghi, tra risate e commenti denigratori, spesso con connotazioni razziste.
- Omertà interna: numerosi agenti, pur essendo presenti durante gli episodi, avrebbero omesso di intervenire, contribuendo a creare una cultura del silenzio e dell’impunità.
Il “clima di terrore” nella sezione Blu
Le violenze all’interno della sezione Blu non erano episodi isolati, ma parte di una gestione che la Procura ha definito “connotata da elementi di sistematicità”. I detenuti vivevano sotto la costante minaccia di ritorsioni, con alcuni episodi che includevano percosse per motivi futili o arbitrarie spedizioni punitive.
Uno degli aspetti più gravi è rappresentato dalle vittime, spesso persone vulnerabili, come soggetti con disturbi psichiatrici o stranieri, che trovavano in questa sezione il culmine delle loro sofferenze. Le telecamere nascoste installate dagli investigatori hanno registrato le immagini di agenti che entravano in gruppo nelle celle, agendo senza alcun rispetto per la dignità dei detenuti.
L’impatto delle indagini
La sezione Blu è diventata il fulcro dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 11 agenti e a provvedimenti cautelari per altri 14. Gli episodi documentati non solo violano i diritti fondamentali delle persone detenute, ma rappresentano un tradimento del ruolo istituzionale degli operatori.
Come sottolineato dalla Procura, il carcere dovrebbe essere una “casa di vetro”, dove la legalità e il rispetto della dignità umana sono garantiti. Quanto avvenuto nella sezione Blu, invece, sembra lontano anni luce da questi principi.
Una riflessione necessaria
Le indagini proseguono per accertare ulteriori responsabilità e valutare come sia stato possibile che un’area così cruciale per la gestione penitenziaria sia stata trasformata in quello che è stato definito un “girone dantesco”. La sezione Blu del carcere di Trapani diventa così il simbolo di un sistema che necessita di riforme profonde, sia per tutelare i diritti dei detenuti sia per garantire un ambiente di lavoro sano per la maggioranza degli agenti penitenziari che operano con integrità.
15,30 - Schiaffi, sputi, manganellate. L’inchiesta della Procura della Repubblica di Trapani sulle presunte violenze avvenute all’interno del carcere Pietro Cerulli ha portato alla luce un quadro di episodi gravi e sistematici, che coinvolgono 55 indagati tra agenti della polizia penitenziaria e personale. Le accuse spaziano da torture a maltrattamenti, con aggravanti legate alla loro posizione di pubblici ufficiali.
Di seguito, una sintesi degli episodi contestati, così come riportati nel decreto di perquisizione. Ricordiamo che gli indagati sono da ritenersi innocenti fino a prova contraria e che l’inchiesta è ancora in corso.
Episodi di tortura e trattamenti disumani
Tra i fatti documentati, emergono episodi di violenza fisica, umiliazioni e abusi psicologici:
-
Percosse e umiliazioni:
Un detenuto è stato schiaffeggiato, preso a pugni e sputato in faccia dagli agenti durante un trasferimento. In un altro caso, un uomo è stato fatto spogliare completamente e schernito, subendo poi percosse lungo il corridoio della sezione isolamento. -
Lanci di liquidi:
In più occasioni, gli agenti avrebbero lanciato acqua e urina all’interno delle celle per punire o umiliare i detenuti. -
Scherni razzisti:
Un detenuto di origine straniera è stato denudato e deriso per le dimensioni dei suoi genitali davanti ad altri agenti e detenuti. -
Violenza gratuita:
Alcuni indagati avrebbero organizzato spedizioni punitive, percuotendo detenuti con calci e pugni e imponendo loro punizioni arbitrarie.
Clima di terrore e omissioni
Gli episodi non riguardano solo violenze attive, ma anche omissioni da parte di chi, pur avendo il dovere di intervenire, è rimasto a guardare:
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Intimidazioni:
Alcuni agenti sono accusati di instaurare un clima di terrore, colpendo ripetutamente i detenuti o permettendo che fossero aggrediti da altri detenuti senza intervenire. -
Violenza psicologica:
In diversi casi, i detenuti sono stati sottoposti a minacce e umiliazioni, come l’obbligo di firmare documenti sotto costrizione fisica. -
Falsificazioni e calunnie:
In numerose relazioni di servizio, i detenuti sono stati falsamente accusati di aggressioni o comportamenti violenti per coprire gli abusi subiti.
Detenuti vulnerabili nel mirino
Le vittime degli episodi accertati sono principalmente soggetti vulnerabili, con problematiche psichiatriche o considerate "deboli" dagli stessi agenti. Tra i casi documentati:
- Un uomo colpito con calci e pugni durante il trasferimento in isolamento, poi lasciato in una cella spoglia in condizioni degradanti.
- Un detenuto costretto a fumare una sigaretta alterata con sostanze non meglio precisate, come atto punitivo per le sue richieste.
L’aggravante del ruolo istituzionale
In molti episodi, le violenze contestate sono avvenute con l’aggravante dell’abuso di potere e in violazione dei doveri inerenti alla funzione di pubblico ufficiale. Tra gli episodi più emblematici:
- Un detenuto picchiato e schernito durante il trasporto ospedaliero, con il lenzuolo che copriva le manette per nascondere le sue condizioni.
- Un altro detenuto colpito con bastoni e manganelli nel reparto isolamento, senza alcuna motivazione apparente.
Un’indagine ancora aperta
Gli episodi descritti coprono un arco temporale significativo, con alcune violenze risalenti al 2020 e altre registrate fino al 2023. Le indagini proseguono per accertare ulteriori responsabilità e valutare eventuali coperture interne.
Questo spaccato inquietante, che ha trasformato il carcere in una "zona franca", mette in luce non solo le azioni dei singoli agenti, ma anche un sistema che ha permesso il perpetuarsi di abusi nei confronti dei detenuti più fragili. Lo Stato, come ribadito dalle autorità, deve garantire che episodi del genere non si ripetano, restituendo dignità e legalità a un contesto dove queste sembrano essere state a lungo sospese.
14,20 - Emergono nuovi particolari dall'inchiesta sulle presunte violenze e torture avvenute all’interno del carcere Pietro Cerulli. Nell’indagine, che conta 55 indagati tra agenti della polizia penitenziaria e personale, sono emersi gravi episodi di maltrattamenti nei confronti di detenuti, in particolare quelli considerati più vulnerabili.
Nomi degli indagati
Di seguito, riportiamo i nomi delle persone coinvolte, in ottemperanza al diritto/dovere di cronaca e in quanto contenuti nel decreto di perquisizione. Ricordiamo che tutti gli indagati sono da ritenersi innocenti fino a prova contraria, come sancito dal principio di non colpevolezza, e che l’inchiesta è ancora in corso:
Le accuse
Gli indagati sono accusati a vario titolo di reati che vanno dalla tortura, calunnie e falso in atti pubblici fino a percosse e trattamenti degradanti. Gli episodi emersi includono presunte aggressioni, umiliazioni e maltrattamenti fisici e psicologici nei confronti dei detenuti, con aggravanti legate alla loro posizione di pubblici ufficiali.
L’inchiesta, ancora in corso, evidenzia un quadro inquietante che ha sollevato interrogativi sulle condizioni delle carceri e sulla tutela dei diritti fondamentali dei detenuti. È doveroso sottolineare che l’attività investigativa non coinvolge la direzione del carcere, che ha anzi collaborato con le autorità competenti.
Il contesto
Questa pubblicazione si pone nell’ambito di un esercizio di trasparenza e informazione, garantendo il diritto all’opinione pubblica di conoscere i dettagli di un’indagine di rilevanza sociale e istituzionale. Resta centrale il principio di presunzione di innocenza, fino a eventuali accertamenti definitivi in sede giudiziaria.
13,15 - Una violenza percepita come ineluttabile. E' un altro degli aspetti dell'inchiesta che oggi ha portato all'arresto di diversi agenti in servizio al carcere di Trapani.
Dalle indagini emerge una sorta di "condivisione generale" tra gli agenti, dove la violenza era vista come un mezzo inevitabile per mantenere l’ordine. “Non possiamo più tollerare che la violenza venga considerata un metodo accettabile – dichiara il procuratore Paci –. Serve urgentemente assistenza per le persone più fragili, non possiamo più aspettare”.
Non solo violenze fisiche: le indagini hanno rivelato anche false relazioni di servizio, usate per calunniare i detenuti e coprire gli abusi. “Un conto è l’uso legittimo della forza, un altro è la violenza sproporzionata e il disprezzo verso chi è già in una condizione di estrema debolezza”, ha dichiarato il comandante del Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziara.
La Procura specifica che la direzione del carcere e la parte sana dell’amministrazione penitenziaria non sono coinvolte. Anzi, è stato proprio grazie alla collaborazione interna che è stato possibile installare telecamere nascoste per documentare gli abusi. Tuttavia, la situazione del carcere di Trapani, già nota per criticità e disservizi, è un segnale di un malessere più ampio. “È come se ci fosse un’organizzazione di 55 persone che faceva quello che voleva”, ha commentato Paci.
12,20 - Il carcere di Trapani come una zona franca, dove tutto era possibile. Lo dice il Procuratore di Trapani Paci in merito all'indagine che oggi ha portato a numerosi arresti tra gli uomini della polizia penitenziaria del carcere "Pietro Cerulli".
Un quarto dell’organico della polizia penitenziaria del carcere Pietro Cerulli di Trapani è sotto indagine per episodi di violenza che vanno dall'intimidazione alla tortura. L'inchiesta, che coinvolge 55 indagati, ha portato alla luce una realtà sconvolgente, definita dal procuratore Gabriele Paci come una vera "zona franca", dove la legge sembrava sospesa e la violenza gratuita e sproporzionata era diventata una prassi.
Tra i casi più gravi accertati, detenuti fatti spogliare e umiliati, scherniti anche in gruppo, e vittime colpite con lanci di acqua e urina. Atti disumani che non risparmiano nemmeno persone con problemi psichiatrici, sia italiane che straniere, accomunate da una condizione di vulnerabilità. “È inconcepibile che chi riveste un ruolo istituzionale si renda protagonista di simili atti”, ha sottolineato il procuratore Paci, qualificando molti episodi come veri e propri atti di tortura.
09,40 - Torture e abusi al carcere di Trapani. 25 agenti della Polizia Penitenziaria sono stati raggiunti da misure cautelari. 11 sono stati arrestati. 46 in totale le persone indagate.
E' il terremoto giudiziario che scuote il penitenziario trapanese.
Un'indagine avviata nel settembre 2021 dalla Procura di Trapani, coordinata dal Nucleo Investigativo della Polizia Penitenziaria, ha portato oggi a un'importante operazione giudiziaria che coinvolge la Casa Circondariale di Trapani. Il Nucleo Investigativo Regionale di Palermo, con il supporto di diversi Reparti territoriali siciliani, ha eseguito 11 arresti domiciliari e 14 misure interdittive di sospensione dal pubblico ufficio nei confronti di poliziotti penitenziari.
Gli agenti sono accusati, a vario titolo, di reati gravi quali tortura, abuso di autorità contro detenuti, falso ideologico e calunnia. L'inchiesta ha visto anche l'emissione di 46 decreti di perquisizione, coinvolgendo complessivamente 46 indagati appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria.
L'indagine è nata dalle denunce di alcuni detenuti che avevano segnalato maltrattamenti subiti in aree dell'istituto prive di telecamere. Grazie all'installazione di sistemi di videosorveglianza e alle ricognizioni fotografiche, gli investigatori sono riusciti a raccogliere prove determinanti.
Le condotte emerse rivelano un modus operandi inquietante: violenze fisiche e vessazioni ripetute nel tempo, eseguite in modo sistematico da un gruppo di agenti. Le vittime erano sottoposte a maltrattamenti deliberati, in un contesto che, secondo gli inquirenti, era caratterizzato da un clima di impunità.
L’operazione, frutto di oltre due anni di investigazioni serrate, punta a fare luce su episodi che sollevano serie preoccupazioni sul rispetto dei diritti umani all'interno del sistema carcerario. La magistratura continua a lavorare per accertare tutte le responsabilità e garantire che simili episodi non si ripetano.
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