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19/11/2024 12:00:00

La protesta di Hana-Rawhiti e il "Piano Mattei": sfide globali tra diritti indigeni e nuovo colonialismo

 Hana-Rawhiti Maipi-Clarke è una giovane donna di etnia Māori, quasi sconosciuta, appena ventiduenne e membro della Camera dei Rappresentanti, l'unica istituzione parlamentare della Nuova Zelanda. I Māori sono una popolazione polinesiana unita nel territorio dell'Oceano Pacifico intorno al 900 dC, ben prima degli esploratori europei Abel Tasman e James Cook.

La deputata, insieme ad altri membri del suo partito, ha protestato in aula contro i progetti di revisione del Trattato di Waitangi eseguendo l'haka, la danza rituale tradizionale resa famosa dagli All Blacks, la squadra di rugby della Nuova Zelanda. Il Trattato di Waitangi è un documento fondamentale che regola le relazioni politiche tra il governo neozelandese e la popolazione Māori. Ma la storia sembra ripetersi: prima i Māori furono colonizzati e privati delle loro terre con la "concessione" di una protezione formale dei loro diritti e proprietà; ora si tenta di limitarli ulteriormente.Questo episodio ha un legame con i fenomeni globali, come gli sbarchi dei migranti africani. L'Africa è stata storicamente invasa e sfruttata dalle potenze coloniali europee, in particolare Francia e Gran Bretagna, ma anche Germania, Portogallo, Italia, Belgio e Spagna.

Oggi si assiste ad una nuova forma di colonialismo, con Cina e Russia impegnate nel controllo delle risorse del continente: petrolio, carbone, oro, rame, ferro, bauxite, alluminio e minerali strategici come cobalto, litio, silicio, cassiterite, terre rare e uranio. Ad esempio, gli smartphone, ormai indispensabili come protesi del corpo umano contengono metalli come rame (15%), silicio (12%), alluminio (11%) e ferro (3%), oltre al coltan estratto nella Repubblica Democratica del Congo, dove è in corso una guerra civile per il controllo di questo prezioso minerale. Per affrontare queste sfide e contenere il fenomeno migratorio, il governo italiano ha lanciato il "Piano Mattei per la Ricerca e l'Alta Formazione", descritto dal MUR (Ministero dell'Università e della Ricerca) come un progetto strategico di diplomazia, cooperazione allo sviluppo e investimenti.

L'obiettivo è rafforzare i legami con il continente africano attraverso iniziative congiunte nei settori di sanità, istruzione, formazione, agricoltura, acqua, energia e infrastrutture, coinvolgendo Paesi pilota come Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Costa d'Avorio, Mozambico, Repubblica del Congo, Etiopia e Kenya.Tuttavia, l'attuazione del Piano presenta diverse criticità. Molti di questi Paesi sono segnati da conflitti (Kenya, Repubblica del Congo, Mozambico ed Etiopia) o governati da regimi autoritari (Egitto e Tunisia). La Costa d'Avorio si trova in un contesto instabile vicino al Sahel centrale, ostile all'Occidente. Anche Algeria e Marocco devono affrontare tensioni interne per raggiungere una convivenza civile. In questo scenario, il ruolo del MUR è cruciale ad avviso dello stesso: "Il contributo del Ministero dell'Università e della Ricerca risulta determinante non solo per l'attuazione degli interventi in materia di alta formazione, ma anche grazie al contributo che atenei ed enti pubblici di ricerca possono offrire in settori prioritari come la ricerca applicata e l'innovazione". Tuttavia, il ministro Anna Maria Bernini è al centro di polemiche per una riforma che ha suscitato proteste in università come Padova, Torino, Milano, la Normale di Pisa e l'Alma Mater di Bologna, contro quella che è stata definita una "precarizzazione istituzionalizzata" del settore universitario e della ricerca.Alla luce di queste difficoltà, i dubbi sulla riuscita del Piano Mattei appaiono più che legittimi.

Vittorio Alfieri



L'Alfiere | 2024-12-19 07:00:00
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