Andrea Delmastro Delle Vedove, Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia, questa volta si è davvero superato. Sorvolando sulla foto di rito scattata durante la visita di Ferragosto al penitenziario di Brindisi, in cui tiene una sigaretta tra le dita con alle spalle il cartello "Vietato Fumare", ciò che desta maggiore preoccupazione sono le sue dichiarazioni al termine della visita. Delmastro ha infatti affermato di aver incontrato solo la polizia penitenziaria, spiegando la scelta con queste parole: "Non mi inchino alla Mecca dei detenuti."
Se ciò non fosse già di per sé grave, nei giorni scorsi, durante la presentazione di un nuovo mezzo per il trasporto dei detenuti, il Sottosegretario ha dichiarato: "L'idea di veder sfilare questo potente mezzo, di far sapere ai cittadini chi sta dietro a quel vetro oscurato, come noi sappiamo trattare chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi incalziamo chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro oscurato, è una intima gioia per il sottoscritto."
Una dichiarazione sconcertante, non solo per il linguaggio usato ma anche per il suo contenuto, che sembra stridere con i principi fondamentali della giustizia e del rispetto per la dignità umana.
Delmastro, deputato laureato in giurisprudenza e avvocato penalista, avrà sicuramente letto Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria. Nel capitolo XXVIII, il grande giurista e illuminista – considerato il padre del diritto penale moderno – scrive: "Questa inutile prodigalità di supplizi, che non ha mai reso migliori gli uomini, mi ha spinto ad esaminare se la morte sia veramente utile e giusta in un governo ben organizzato. Qual può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili?"
Il pensiero di Beccaria è chiaro e, pur potendo essere discusso o non condiviso, Delmastro ha prestato giuramento con una formula che recita: "Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione."
Non è forse un caso che l’articolo 27 della Costituzione italiana, ai commi 3 e 4, stabilisca:
“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.”
In questo contesto, le dichiarazioni di Delmastro appaiono non solo lontane dai principi costituzionali, ma persino offensive nei confronti di un sistema giudiziario che, seppur imperfetto, si fonda sulla dignità della persona.
Solo nell’ultimo anno, almeno 76 detenuti si sono tolti la vita nelle carceri italiane, secondo gli ultimi dati forniti dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Dati che parlano di un sistema già profondamente in crisi, dove le condizioni spesso non rispettano la finalità rieducativa sancita dalla Costituzione.
Caro Andrea Delmastro Delle Vedove, questa volta hai esagerato. Assai.
Vittorio Alfieri