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17/11/2024 06:00:00

Le biblioteche sono un porto sicuro per il futuro, ma qui lo abbiamo dimenticato...

 Detesto le didascalie sotto una fotografia, ma a volte sono necessarie: quella che accompagna queste righe è stata scattata qualche giorno addietro a Londra da un mio amico, poco prima dell’apertura di una biblioteca e c’era una fila di circa cento metri per entrare. Direte voi è Londra, ci arrivo con calma. Oggi si chiude Io leggo perché, meritoria iniziativa che vede coinvolte le librerie delle nostre città in Italia, connettendole con le biblioteche scolastiche: forse una delle più interessanti azioni tra le molte che provano a rianimare un mondo asfittico come il comparto libro, ma lì si creano dei link virtuosi tra le famiglie le librerie e le scuole e spesso i numeri fanno sperare in un cambio di passo. Costo per le casse pubbliche, zero euro.

Dopo la nomina del nuovo Ministro della Cultura, questi ha ritenuto ricevere - tra le sue prime azioni, e gliene va dato atto - i rappresentanti del mondo del libro nelle sue molte anime ed è notizia di questi giorni che sarà ripristinato il fondo da 30 mln. di euro a favore delle biblioteche di pubblica lettura. Ultima nuova, ovvero il CEPELL ha pubblicato per il prossimo triennio (2024-2026) l’avviso per le candidature a Città che Legge con scadenza 20 dicembre.

Londra… torniamo in Italia e andiamo a Casalecchio di Reno alle porte di Bologna, lì quel comune (circa 35.000 abitanti) ha una biblioteca “Casa delle Conoscenze, Cesare Pavese” mediamente viene frequentata ogni giorno da circa 1.500 utenti. Non è un errore avete letto bene: millecinquecento tra bambine ragazzi anziani studenti e lo vivono per svolgere attività varie, un luogo di aggregazione come altri. Da quando ha raggiunto quei picchi di frequenza, ha mandato di fatto in crisi l’amministrazione comunale - quanto alla manutenzione di base - e hanno cambiato passo sulla gestione e sulle offerte per vivere sì quella dimensione come una piazza del sapere. (grazie Antonella Agnoli)

E noi? Forse non basterà neppure quando la nostra biblioteca civica sarà riaperta al pubblico per la pubblica lettura consultazione e altre attività, che in questi anni sono state precluse causa lavori di restauro e non solo (forse troppo lunghi? non ne ho contezza) - si il prestito ha continuato ad esserci, lo spazio per i più piccoli anche ma il tema è che nonostante gli sforzi eroici di chi abita quel monumento, è un fatto che quel luogo non è più frequentato da tempo dalla comunità.

Ora basta avere il titolo di Città che Legge, rinnovato nel tempo? No, perché molti ancora ragionano da isole. Politiche attive a favore su questo ambito - che non siano azioni promosse dai privati, per quanto supportate in quota parte dall’Amministrazione - ne ricordo poche e sempre intermittenti; il Patto per la Lettura (quello di
Marsala, in provincia di Trapani, ha più sottoscrittori in assoluto) partito con i migliori intenti, poi clamorosamente morto di inedia e di solitudine. Perché tutto questo? Eppure sia il "Patto per la Lettura" che "Città che Legge" sono di fatto un accordo (sghembo) tra una pubblica amministrazione e i privati per far emergere quelle aree dove si arranca, dove si fa più fatica per motivi diversi.

Dico “sghembo” perché quando il legislatore pensò a come dare impulso a questo ambito - e non vi tedio con i nostri impietosi numeri Istat e Eurostat - elesse unicamente l’ente pubblico come titolare assoluto per operatività e gestione di azioni e progettualità conseguenti: per intenderci, chi gestisce il Patto per la Lettura o eventuali progetti per Città che Legge è in massima parte il Comune di competenza (pochissimi i progetti che il privato può gestire in autonomia). Siamo stati bravissimi nel tempo a creare reti tra i comuni, oggi abbiamo contezza di chi siamo e che consistenza abbiamo sul territorio grazie anche al lavoro di fine tessitura di BiblioTp ovvero la rete delle biblioteche della provincia, che per fortuna è andata oltre la sua missione di mandato ed ha guardato ai festival alle rassegne e soprattutto ha dato supporto tecnico ove ce ne fosse la necessità. Ma il tema è sempre lo stesso, se non metti al centro dello sviluppo di una Comunità la cultura in senso ampio e sostenibile non ci sarà mai un futuro: serve un ragionamento concreto e di sistema su come far convivere sacche di povertà educativa sui nostri territori, e senza progettualità conseguente, è un po’ come svuotare il mare con un secchiello. Ho il timore che ci siamo abituati a non avere, e questa anormalità la subiamo come normalità.

“Le biblioteche sono porti sicuri. Conservano il passato, testimoniano il presente ed aiutano a progettare il futuro”

E' sempre il mio amico di Londra che parla, e riflettevo che noi siamo porto nel nome eppure quella inclusività che dovremmo avere per dna per storia, l’abbiamo dimenticata. Viviamo da isole e con il rischio di essere travolti dai cambiamenti climatici alle prime onde; che la cultura sia il fanalino spesso di politiche con
poca visione è nelle cose, riconosco che amministrare sia no difficile ma arduo ma che vogliamo fare? Se dovessi guardare a quanto fatto fino ad oggi, consiglierei l’Amministrazione a non prendere in considerazione questo avviso del Cepell (spesso non si sa neppure come gestire correttamente quel logo che viene visto più con fastidio che come uno sprone). Da inguaribile ottimista però mi ripeto sempre che siamo noi i fautori del nostro destino nonostante tutto, e che forse insieme ancora qualcosa si può fare, basta crederci magari con le persone che hanno a cuore un fare senza nulla a pretendere

Giuseppe Prode



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