La quarta sezione penale della Corte di Cassazione (presidente Patrizia Piccialli) da ragione alla Procura della repubblica di Marsala, diretta da Fernando Asaro, su una delle norme più contestate della riforma della giustizia che ha preso il nome dell’ex ministro Marta Cartabia.
E cioè l’impossibilità di procedere d’ufficio per alcuni reati se non c’è la querela della parte offesa.
Il caso di specie è un procedimento penale che ha visto imputata una donna marsalese, Cristina Barraco, classe ’68, accusata di furto di energia elettrica.
Per lei, lo scorso 5 aprile, il Tribunale lilibetano aveva dichiarato il “non doversi procedere per mancanza di querela” (da parte dell’Enel). Contro questa decisione la Procura ha fatto ricorso in Cassazione, evidenziando che il pm ha contestato un’aggravante, con la conseguenza che il reato, per legge, diventa perseguibile d’ufficio. E a nulla vale se la contestazione dell’aggravante è avvenuta fuori i termini (90 giorni) entro i quali può essere presentata una querela.
La Cassazione, sottolineando che la questione è divenuta di “stretta attualità a seguito della cd. riforma Cartabia”, dopo avere esaminato due precedenti orientamenti su questioni analoghe (in un caso la Suprema Corte ha stabilito che il pm, alla prima udienza, può contestare un’aggravante e quindi il processo va avanti, mentre in un altro una diversa sezione ha stabilito che decorso il termine di legge per la presentazione della querela il procedimento deve essere stoppato), ha deciso di seguire il primo orientamento. Ha, pertanto, annullato la sentenza dello scorso 5 aprile e ha trasmesso gli atti al Tribunale di Marsala “per l’ulteriore corso”.
Il processo, quindi, andrà avanti.