Due sorelline, per anni, sono state private della loro infanzia, vittime di violenze inaudite perpetrate dallo zio e dal nonno. Un incubo familiare che si è protratto per oltre un decennio, dal 2011 al 2023, e che ha visto coinvolta anche la madre, complice silenziosa degli orrori.
Un processo concluso con rito abbreviato ha condannato i carnefici a pene pesanti: 16 anni per lo zio e il nonno, responsabili diretti degli stupri, e 12 anni e 12 anni e 8 mesi per i genitori, colpevoli di aver taciuto e, nel caso della madre, di aver addirittura agevolato gli abusi.
L'indagine, avviata un anno fa grazie alla denuncia di una delle vittime alla sua insegnante di sostegno, ha svelato un quadro agghiacciante. Le piccole, all'epoca dei fatti con meno di 10 anni, erano sole e indifese di fronte alle attenzioni morbose dei loro parenti, che approfittavano dell'assenza degli altri familiari per compiere le loro atrocità.
Le parole delle vittime, riportate nell'ordinanza di custodia cautelare, sono un pugno nello stomaco. Descrivono con una lucidità straziante le violenze subite, la paura, la solitudine. "Mio zio ha qualche problema con me e anche mio nonno", ha raccontato una delle due sorelle, "era una giornata come questa e io stavo dormendo. La nonna non c'era...".
Oltre al dolore delle vittime, questa storia solleva interrogativi inquietanti sulla responsabilità degli adulti e sulla capacità di una famiglia di proteggere i propri figli. Come è stato possibile che un segreto così oscuro venisse custodito per così tanto tempo? Quali meccanismi psicologici hanno spinto i genitori a proteggere i carnefici invece di difendere le loro figlie?