Gli ultimi eventi accaduti in Sicilia hanno mostrato, con una drammatica evidenza, quanto il Mediterraneo sia sempre più esposto a una serie di eventi estremi. Trombe marine, incendi devastanti, ondate di calore, siccità, cicloni e inondazioni: fenomeni una volta rari stanno diventando parte della realtà quotidiana. Dalla Sicilia alla Spagna, dall’Italia alla Grecia, il Mediterraneo è al centro di una trasformazione climatica che rischia di diventare la norma.
La Sicilia sotto pressione: il costo dei cambiamenti climatici
In Sicilia, gli effetti sono palpabili. Le ondate di calore, sempre più intense, hanno avuto un impatto devastante su agricoltura e salute pubblica. Gli incendi estivi hanno divorato ampie porzioni del territorio, causando danni incalcolabili alla flora, alla fauna e agli insediamenti rurali. E ora, il rischio di inondazioni e cicloni mediterranei – i cosiddetti “medicanes” – aggiunge un’ulteriore minaccia per le nostre coste e le città.
La Sicilia è ormai in prima linea nella crisi climatica, colpita da una siccità estrema che, secondo lo studio del World Weather Attribution (lo leggete qui) sarebbe stata solo “grave” senza il riscaldamento globale. Quest’anno, dopo mesi di assenza di piogge e temperature record, l'isola ha dovuto dichiarare lo stato di emergenza, mentre le conseguenze sulle risorse idriche e sull’agricoltura sono drammatiche: reti idriche logore e obsolete perdono oltre il 50% dell’acqua distribuita, rendendo ancora più critica la gestione dell'emergenza idrica. I danni per l’agricoltura siciliana sono evidenti, con raccolti ridotti e animali abbattuti per la mancanza di foraggio. Se la temperatura globale aumenterà ancora di 0,7 °C, eventi climatici di questa portata potrebbero diventare addirittura “eccezionali”, imponendo una rapida trasformazione delle strategie di adattamento per proteggere l’agricoltura, il turismo e la vita stessa degli abitanti dell'isola.
Europa in riscaldamento accelerato e un Mediterraneo più caldo del 20%
Secondo il programma Copernicus, l’Europa è il continente che si sta riscaldando più rapidamente, con un aumento medio della temperatura di 2,3°C negli ultimi cinque anni rispetto all’epoca pre-industriale, ben oltre la media globale di 1,3°C. Dopo l’Artico, il Mediterraneo è l’area più colpita. Questo surplus di energia ha effetti devastanti: riscalda le acque del “Mare Nostrum” del 20% più velocemente rispetto agli altri oceani, alterando profondamente i processi atmosferici e marini. Per il Mediterraneo, da stabilizzatore del clima e culla della civiltà, si rischia di passare al ruolo di motore di caos e instabilità.
Un surplus di energia pericoloso: 400.000 bombe di Hiroshima ogni giorno
Gammenos Mastrojeni, segretario generale aggiunto dell’Unione per il Mediterraneo, sottolinea che l’accumulo di energia nel sistema Terra, causato dai gas serra, è immenso: paragonabile ogni giorno all’esplosione di 400.000 bombe di Hiroshima. Questo surplus energetico destabilizza i cicli naturali dell’ecosistema mediterraneo e, in condizioni meteorologiche particolari, scatena eventi estremi. Un esempio recente è stato il “gota fría” in Spagna, fenomeno devastante che si verifica quando le masse di aria calda e umida si incontrano con quelle più fredde, alimentando precipitazioni torrenziali.
Il riscaldamento del Mare Nostrum e i “medicanes”
Il riscaldamento delle acque superficiali favorisce lo sviluppo di uragani mediterranei, i “medicanes”. Uno degli esempi più catastrofici è stata la tempesta Daniel, che nel 2023 ha colpito la Libia con forza devastante, risultando il ciclone mediterraneo più mortale della storia. Anche la tempesta Boris, che ha causato inondazioni in Emilia-Romagna, è riconducibile alle acque marine più calde e all’aria ricca di umidità, un cocktail micidiale che moltiplica l’intensità delle precipitazioni.
Il mare che sale: 20 cm in 15 anni, un metro entro il secolo
L’innalzamento del livello del mare costituisce una minaccia inesorabile per le coste siciliane e per le aree costiere mediterranee. Mastrojeni prevede che il Mar Mediterraneo possa salire di oltre 20 cm nei prossimi 15 anni e di un metro entro la fine del secolo. Questo fenomeno non minaccia solo città come Venezia o Alessandria d’Egitto, ma anche le terre coltivabili costiere e i delta dei fiumi. La Sicilia, con il suo fragile equilibrio idrico, rischia di vedere ridotti drasticamente i terreni agricoli, mentre il rischio di salinizzazione delle falde acquifere è sempre più elevato.
Quale futuro per la Sicilia e il Mediterraneo?
Di fronte a questi segnali preoccupanti, l’adozione di strategie comuni e interventi mirati è fondamentale. Servono infrastrutture resilienti, piani di protezione costiera e azioni per ridurre le emissioni di gas serra. La Sicilia, da parte sua, può giocare un ruolo cruciale, promuovendo pratiche agricole sostenibili, investendo in energia rinnovabile e sensibilizzando la popolazione sui rischi e le soluzioni.
La Sicilia, culla di civiltà e snodo centrale del Mediterraneo, si trova oggi a fronteggiare una delle sue sfide più difficili. La crisi climatica non è più una minaccia lontana, ma una realtà che impone un’azione immediata e determinata. Salvare il Mediterraneo significa garantire la sopravvivenza di una cultura millenaria e di un ecosistema unico al mondo. Perché la protezione del nostro “Mare Nostrum” è, in definitiva, una questione di sopravvivenza.