L'ex preside dell'istituto comprensivo Giovanni Falcone dello Zen, Daniela Lo Verde, un tempo simbolo dell'antimafia, ha patteggiato una condanna a due anni e mezzo per corruzione e peculato. La condanna, oltre al risarcimento del danno, le permetterà di svolgere lavori socialmente utili, una misura alternativa alla detenzione. Lo scorso febbraio Lo Verde aveva tentato di patteggiare un anno e dieci mesi, ma la sua richiesta era stata respinta dal giudice, che riteneva la pena troppo lieve. Accanto a lei, ha patteggiato una condanna a due anni anche l'ex vicepreside Daniele Agosta, anch'egli coinvolto nelle medesime accuse.
L'inchiesta, coordinata dai sostituti procuratori Gery Ferrara e Amelia Luise della Procura europea, ha portato alla luce una serie di gravi irregolarità. Tra queste, l'appropriazione delle scorte alimentari destinate alla mensa degli studenti: Lo Verde sarebbe stata intercettata mentre affermava di voler "portare tutto a casa". Le intercettazioni riportano episodi in cui l'ex preside avrebbe prelevato cibo destinato agli alunni, specialmente in periodi di festività o vacanze personali.
La vicenda non si limita alle scorte alimentari. Secondo gli inquirenti, vari progetti finanziati con fondi dell'Unione Europea non sarebbero mai stati realizzati. Gli alunni risultavano assenti, ma Lo Verde, informata dell'inchiesta in corso, avrebbe tentato di recuperare firme fasulle per simulare la partecipazione. A tal fine, avrebbe offerto cibo agli studenti per convincerli a presenziare.
Un altro aspetto dell'inchiesta riguarda l'affidamento di un progetto di 10.500 euro per la mensa scolastica. Quando i titolari della pasticceria scelta si sarebbero rifiutati di modificare una fattura, Lo Verde avrebbe revocato l'affidamento e assegnato il servizio a un altro esercizio.
Infine, il caso si complica ulteriormente con il coinvolgimento di dispositivi tecnologici: Lo Verde e il suo vice, Agosta, avrebbero ricevuto almeno tre iPhone come tangenti per favorire la fornitura di materiali tecnologici alla scuola. Agosta, nelle intercettazioni, si sarebbe lamentato del modello ricevuto, sostenendo di aver preferito un iPhone 13 Pro.
L'ex preside e il suo vice, ora condannati, dovranno svolgere lavori socialmente utili.