Laura Bonafede, l'insegnante e figlia del boss mafioso Leonardo Bonafede, ha tentato di difendere la propria posizione davanti al giudice Paolo Magro con una dichiarazione spontanea che ha occupato ben 14 pagine. “Le volevo dire soltanto, le volevo chiedere di valutare la mia posizione per quella che è e mi auguro di trovare in lei quel giudice di Berlino che tutti ci auguriamo di incontrare”, ha detto Bonafede rivolgendosi direttamente al magistrato. Ma nonostante i suoi sforzi, le sue parole non hanno convinto la corte, che l'ha condannata a 11 anni e 4 mesi di reclusione. I pubblici ministeri Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, coordinati dall'aggiunto Paolo Guido, hanno richiesto una pena di 15 anni, considerando la donna non solo complice, ma membro attivo dell’associazione mafiosa.
Durante l'udienza, Bonafede ha presentato un resoconto dettagliato della sua versione dei fatti, consultando frequentemente un foglio che conteneva, a suo dire, solo le date significative della vicenda. Ha negato ogni legame con l'organizzazione mafiosa, sostenendo di essere coinvolta solo in una relazione sentimentale con Matteo Messina Denaro, descrivendolo come una persona dal “lato buono”, “divertente, spiritoso, educato”. Secondo Bonafede, né sua madre né sua figlia erano a conoscenza della sua relazione con Messina Denaro.
Nel corso della dichiarazione, Bonafede ha anche rivelato l'identità di una persona chiamata "Solimano", che compare nei pizzini recuperati dagli inquirenti: si tratterebbe di Antonio Messina, zio del marito della donna e un ex avvocato radiato dall'ordine. Quest'ultimo sarebbe stato oggetto di critiche nelle lettere di Bonafede a Messina Denaro, dove lo accusava di sfruttare la falsa amicizia con il boss per ottenere vantaggi personali. “Messina Denaro mi aveva detto che cercava un modo di incontrarlo per intimargli di smetterla di millantare amicizie”, ha affermato Bonafede in aula.
Eppure, i pizzini rinvenuti dagli inquirenti testimoniano toni ben diversi: il 19 dicembre 2022, scriveva infatti al boss parole di profonda rabbia nei confronti di "Solimano", accusandolo di essere causa di difficoltà e minacciando vendetta. La rabbia, che emerge chiaramente dai pizzini, viene espressa con termini che nelle dichiarazioni spontanee al giudice sono stati del tutto omessi, aggiungendo ulteriori dubbi sulla sua sincerità.
Dalle sue parole emerge inoltre come il boss latitante si muovesse liberamente nei dintorni di Campobello di Mazara, arrivando perfino a partecipare ai falò di Ferragosto sulla spiaggia affollata di Tre Fontane, utilizzando la confusione per mimetizzarsi. Bonafede ha ricostruito la loro storia come un lungo rapporto amoroso, iniziato quando lei era poco più di una bambina, poi interrotto e ripreso negli anni successivi, dal 2008 in poi, con incontri frequenti e lettere segrete. Ha ricordato un episodio del 2015, quando lo avrebbe incontrato casualmente nel suo paese. Ma è stato l'ultimo incontro tra i due, avvenuto in un supermercato della Coop di Campobello pochi giorni prima dell’arresto di Messina Denaro, a portare la polizia sulle sue tracce: uno scontrino trovato nel covo del boss, infatti, ha rivelato la loro frequentazione.
Bonafede ha cercato di difendersi sostenendo di essere stata vittima delle circostanze familiari, cresciuta in una famiglia mafiosa ma, secondo lei, amata e protetta. “Io sono nata in una famiglia purtroppo mafiosa e ho vissuto fin da bambina con questo clima,” ha dichiarato, aggiungendo che ha sempre rispettato suo padre come genitore, separandolo dal ruolo che ricopriva nel contesto mafioso.