A differenza del suo compagno Giovanni Parrinello, Lara Scandaliato ha deciso di parlare in aula. E lo ha fatto per scaricare tutte le responsabilità sull’uomo. “Ero presente all’interno dell’abitazione di Titone – ha sostanzialmente detto - ma non ho partecipato all’omicidio”.
Il processo è quello in corso davanti la Corte d’assise di Trapani per l’omicidio del 60enne marsalese Antonino Titone, detto “u baruni”, anche lui pregiudicato come il Parrinello, ucciso il 26 settembre 2022 nella sua abitazione di via Nicolò Fabrizi, in zona Porticella. La Scandaliato, dunque, scarica tutto sul compagno, che avrebbe ucciso il Titone colpendolo ripetutamente con violenza alla testa con una sbarra di ferro. Alla prossima udienza, il 18 novembre, dovrebbero essere ascoltati alcuni testi della difesa. Poi, si andrà verso la requisitoria del pm e le conclusioni della parte civile. Nella precedente udienza, era previsto l’esame del Parrinello, che però ha deciso di non parlare in segno di protesta contro la decisone della Corte di non farlo presenziare fisicamente in aula, ma ascoltarlo in video collegamento.
Al rifiuto del Parrinello, manifestato con una nota scritta, i giudici lo hanno dichiarato decaduto dall'esame. Sono stati, quindi, sentiti due poliziotti scientifica di Roma, il dottor Daniele D'Ercole e la dottoressa Signorile, che attraverso sofisticate tecniche avevano rilevato tutte le tracce di sangue all'interno della abitazione del Titone, differenziando i vari tipi di traccia ematica. Essendo stata l'azione molto cruenta, le tracce erano tante. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Nicola Gaudino e Salvatore Fratelli, mentre la parte civile (una sorella della vittima) è rappresentata dall’avvocato Vito Daniele Cimiotta. I due imputati sono accusati anche di rapina, perché dopo l’omicidio si sarebbero impossessati del portafoglio del Titone, dal quale il Parrinello vantava un credito. Sarebbe stata questa la causa scatenante del delitto. Fu la Scandaliato, lo stesso giorno dell’omicidio, interrogata dai carabinieri, ad accusare il compagno e a far ritrovare l’arma: un piccolo piede di porco. Secondo gli investigatori, alla base del fatto di sangue ci sarebbe stato, molto probabilmente, un vecchio debito non saldato della vittima per una fornitura di stupefacenti.