Chiesta dal pm la condanna per peculato per l’ex vescovo di Trapani, mons. Francesco Miccichè, al centro di un processo legato alla gestione dei fondi dell’8xmille destinati alla Diocesi di Trapani. Ieri, il pubblico ministero Sara Morri ha concluso la sua requisitoria chiedendo una condanna di quattro anni e sei mesi per l’ex prelato, accusato di aver distratto oltre 400mila euro di fondi destinati al sostegno del culto e del clero, nonché alle opere di carità, dirottandoli verso conti personali.
L’indagine, condotta dalla Guardia di Finanza e supportata anche da una sezione della Forestale, ha rilevato gravi discrepanze tra i fondi per l’8xmille e le finanze personali di mons. Miccichè e dei suoi familiari. In particolare, risultano mancanti i giustificativi che avrebbero dovuto attestare l’uso delle somme per scopi religiosi e di assistenza. Secondo l’accusa, invece, ingenti somme venivano depositate nel cosiddetto “correntone della Curia”, un conto della Diocesi gestito personalmente dal vescovo, senza alcuna rendicontazione formale. I prelievi, spesso sotto forma di contanti o assegni a favore di parenti, come la sorella e il cognato, risultano numerosi e non documentati.
Il periodo contestato, che va dal 2007 al 2012, ha portato la Procura a stimare un presunto ammanco di oltre 700mila euro, anche se solo una parte delle accuse, per un importo di circa 400mila euro, è oggetto del processo attuale, mentre altri ammanchi risultano ormai prescritti. La rimozione di mons. Miccichè dalla carica episcopale nel 2012 da parte di Papa Benedetto XVI è stata la diretta conseguenza di un’ispezione interna del Vaticano, che aveva sollevato interrogativi sulla gestione finanziaria della diocesi trapanese.
La diocesi di Trapani, rappresentata dall’avvocato Umberto Coppola, si è costituita parte offesa nel procedimento, mentre l’ex vescovo, oggi residente a Roma come vescovo emerito, ha mantenuto un profilo distante, non comparendo alle udienze. La difesa, guidata dall’avvocato Mario Caputo, terrà la propria arringa il prossimo 16 dicembre, tentando di ribaltare l’impostazione dell’accusa.