Gentile redazione di Tp24,
Chissà se questi signori che oggi si dicono soddisfatti per l'avvio dei lavori di restauro della Colombaia, conoscono la barzelletta dell'oliva stanca. E anche il detto "date a Cesare quel che è di Cesare".
Certo, bisogna ringraziarli e apprezzare il loro interesse. Tuttavia, nessuno di loro fa cenno al fatto che, se siamo arrivati a questo punto, molto lo dobbiamo all'Associazione "Salviamo La Colombaia" e, in particolare, al suo presidente, Luigi Bruno, che da oltre vent'anni, nonostante l'età avanzata (è chiù vecchiu da Culummara), si batte per la salvaguardia e conservazione della Colombaia.
Aggiungo anche che, quando Trapani era in gara per diventare Capitale Italiana della Cultura, che io ricordi, nessuno disse nulla quando il rosone di Sant'Agostino, pur pregevole opera degli artisti trapanesi, fu dichiarato, con leggerezza dall'amministrazione di allora, come simbolo rappresentativo della città. Questo ruolo spettava e spetta alla Colombaia, che rappresenta Trapani e la sua storia da oltre 2000 anni (vedi la mia lettera su Tp24 del 10 gennaio 2020).
Qual è la prima cosa che appariva e appare ai marinai, ai naviganti e ai turisti quando, con le loro barche, bastimenti e navi, arrivavano e arrivano a Trapani? Non certo il rosone, ma la Torre Peliade.
Fusse ca fusse la vorta bona.
Grazie,
Rosario Salone
(Socio dell'Associazione "Salviamo La Colombaia")