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07/10/2024 06:00:00

Quello che c’è da sapere del film su Messina Denaro, tra realtà, fantasia e… il ridicolo

 Non è un film giornalistico, che si interroga sugli accadimenti. Si gioca più sull’immaginario che sulla ricostruzione. Lo ha detto ai nostri microfoni l’attore Elio Germano, che interpreta Matteo Messina Denaro nel film “Iddu”, aggiungendo che il boss “è stato descritto con un esercizio di fantasia”. Ma non sono mancate le polemiche sul senso di questa pellicola, che in realtà i registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza si aspettavano, perché “se ti presenti con un film che si chiama Iddu – ha affermato Piazza - ispirato ad un periodo della latitanza di Matteo Messina Denaro, è chiaro che soprattutto alcuni territori più sensibili cominceranno a cercare di capire che film hai fatto. Però ci sembra che in questo tentativo tutti, non avendo visto il film stiano andando in direzioni sbagliate”.

 

FANTASIA E REALTA’

 

Secondo Grassadonia, il film invece affronterebbe una delle pagine più nere della storia della nostra Repubblica. Certo, compito arduo da svolgere con la fantasia. Anche se, come ha riferito al Giornale di Sicilia, attraverso questo carteggio tra Messina Denaro e l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, avrebbero “studiato a fondo la figura del latitante proprio perché volevamo carpirne la personalità e il mistero della sua latitanza - ha detto il regista - Un lavoro di accurata distinzione tra leggende e fatti realmente accaduti”.

 

Dopo aver visto il film, possiamo affermare che forse la distinzione tra realtà e fantasia non sempre risulta chiara allo spettatore, soprattutto a chi non conosce bene le vicende che vengono affrontate.

Solo per fare degli esempi: ad uccidere il tizio che diceva di essere stato derubato di una partita di droga che stava trasportando, nel film è Matteo Messina Denaro, ma nella realtà l’omicidio (ordinato dal padre Francesco, che nella finzione diventa Don Gaetano) è opera dei killer di Totò Riina. Ovviamente anche il nome di Lillo Santangelo (la vittima uccisa) è stato cambiato. Così come in parte sono stati cambiati anche i testi dei pizzini tra il latitante e Antonio Vaccarino, che ha collaborato con i servizi segreti per catturarlo. Quest'ultimo, interpretato da Toni Servillo, si chiamerà Catello Palumbo. E nello scambio di pizzini non sarà Svetonio (come nella realtà), ma Sallustio. Catello è un condannato per mafia, raggiunto dai servizi che lo convincono a collaborare per catturare il boss, minacciandolo di farlo tornare in galera nel caso di un suo rifiuto. Nella realtà Vaccarino non era un condannato per mafia e la collaborazione per catturare Messina Denaro fu un’iniziativa sua.

Altre cose invece sono corrispondenti al vero, come il cadavere del padre del boss (don Gaetano nel film, don Ciccio nella realtà), anche lui latitante, fatto ritrovare in una campagna già vestito di tutto punto per il funerale, dopo la morte per cause naturali. Verissima la scena della vedova, appena giunta, che gli mette addosso un cappotto di astrakan nero, dicendo ai carabinieri che erano riusciti a prenderlo solo da morto.

Poi c’è il grottesco ed il ridicolo, cuciti addosso ad entrambi i protagonisti, anche se in gran parte spalmati sulla figura di Catello e della sua famiglia.

 

LA TRAMA

 

Nel film, l’ispettrice Mancuso (altro personaggio inventato), si accorge che i suoi superiori dei servizi segreti non hanno nessuna intenzione di catturare il boss. E dunque si muove a loro insaputa, convincendo Catello a fare breccia sul senso paterno del coprotagonista, per fargli incontrare il figlio (che nella realtà non esiste, Messina Denaro non ha avuto figli maschi). La cosa però fallisce, ed il colonnello Schiavon, rivelando che lo scopo dell'operazione non era quello di catturarlo, consiglia all’ispettrice di andare a casa e riposarsi, poi decidere se vuole continuare a lavorare con lui “o finire sotto inchiesta e in galera a pulire i cessi”. Evitiamo però qui di rivelare altri particolari.

 

Difficile dire fino a che punto il grande pubblico, che poco conosce i fatti accertati di queste vicende, riesca davvero a distinguere la realtà dalla fantasia. Ancora più difficile pensare che questo lavoro possa essere utile ad una riflessione su una delle pagine più nere della nostra Repubblica, come annunciato dai registi.

 

DALLA PARTE DELLE DOMANDE

 

Ad ogni modo, a proposito di misteri, abbiamo fatto loro una domanda, durante la presentazione della prima ad Alcamo:

“L’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, che nel film è Catello, fu arrestato nel 2019 e morì in carcere a 76 anni. Dal momento che avrete studiato l’intera vicenda, anche se il film tratta soltanto la parte del carteggio con Matteo Messina Denaro, volevo chiedervi che idea vi siete fatti di questo ultimo arresto così misterioso e della sua fine”.

 

Antonio Piazza, dal palco della sala 2, ha risposto così:

La storia abbraccia un arco piccolissimo di tempo, perché si ispira al solo periodo dello scambio epistolare tra i due. Mentre, a fronte di una figura come quella che dà il titolo al film occorre fare un lavoro di ricerca profonda per un ritratto psicologico attinente alla persona che hai messo sotto la lente d’ingrandimento, l’altro personaggio ci è interessato solo come strumento per sviluppare la storia che avevamo in testa. Nel senso che quel tipo di personaggio lì, aveva per noi dei legami con la grande maschera comica della commedia all’italiana, come Alberto Sordi... Un personaggio che noi abbiamo completamente ricreato, non attenendoci minimamente ai dati di realtà della vita dell’ex sindaco di Castelvetrano. E’ una storia che si apre e si chiude su questo carteggio. Tutto quello che c’è prima o dopo di questa storia nel film non c’è”.

 

Un’ora dopo, all’anteprima del film a Trapani, i registi diranno alla stampa: “Noi stiamo dalla parte di quelli che si vogliono porre le domande”.

 

IL MITO E IL RIDICOLO

 

Alcuni si sono mostrati contrari al film per timore che possa contribuire a mitizzare la figura di Matteo Messina Denaro. Potrebbe sembrare una posizione esagerata. Se non fosse per l’esistenza di una tesi ancora più incredibile, secondo la quale il carteggio non sarebbe servito per la cattura del boss ma per sostenere e rafforzare la sua immagine. Un’operazione in cui sia Vaccarino (Catello), sia chi scriveva per conto del latitante sarebbero appartenuti ai servizi segreti. E siccome questi lunghi “pizzini” furono pubblicati in un libro dal titolo “Lettere a Svetonio” di Salvatore Mugno, anche questo libro, sarebbe stato un “un progetto” dei servizi. Non è la tesi di un complottista sussurata al bar, ma la posizione di Report, programma simbolo del giornalismo d’inchiesta della Rai, in una trasmissione del 2021.

 Una cosa è certa, il ridicolo che si è voluto rappresentare nella finzione cinematografica ha contagiato quei territori “sensibili” di cui parlava Piazza. E la stura viene data da un fatto che, pur nella sua normalità, ha finito per produrre una sequenza quasi comica di avvenimenti. Pochi giorni fa è emerso che il figlio di Vaccarino non proietterà il film nel cinema di cui è proprietario: “Già dai trailer si capisce che mio padre è stato rappresentato come un delinquente”. Probabilmente chiunque al suo posto avrebbe fatto lo stesso. Ma ecco quello che succede:

 

Siccome in città c’è solo il suo cinema, la “notizia” diventa un’altra: “A Castelvetrano non si proietterà il film su Messina Denaro”;

I social si spingono più in là: “I Castelvetranesi non vogliono proiettare il film per una forma di rispetto al boss”;

Il sindaco di Castelvetrano non ci sta: “Lo proietteremo in piazza”. E i biglietti? “Allora a teatro”;

Il sindaco della vicina Campobello di Mazara rilancia: “Lo proietteremo nelle scuole”;

Il proprietario del cinema di Partinico: “Sconto sul biglietto a chi viene da Castelvetrano” (Partinico dista quasi 70 chilometri);

Il presidente della Commissione parlamentare regionale Antimafia, Antonello Cracolici: “Anche se legittima, quella di non proiettarlo è una scelta sbagliata. Abbiamo contattato la produzione per concordare il modo in cui questo film possa essere visto a Castelvetrano”;

Il caso finisce su Striscia la notizia. E un ragazzo, intervistato nella piazza del centro dice alla Petix: “Con la mafia funzionava qualcosa, ora non funziona più niente a Castelvetrano. Prima c’era lavoro a Castelvetrano quando c’era la mafia, quando c’era Matteo Messina Denaro vivo. Ora non ce n’è più”;

Il giorno dopo, il giornale locale on line Castelvetranonews esce con una video intervista in cui il ragazzo fa marcia indietro: “Chiedo scusa a tutti, la mafia fa schifo. Ho sbagliato a dire quelle cose alla Petix. Uscivo dall’autoscuola e non ero connesso bene”. Non da una birreria, attenzione, da un’autoscuola.

 

Finalmente, pare che il responsabile tecnico del comune abbia dato l’ok per la proiezione del film al Teatro Selinus della città. Ma prima o poi, siamo sicuri, verrà proiettato anche nelle autoscuole.

 

Egidio Morici